Archivio mensile:Ottobre 2010
Grazie Ilda
Perché se c’è qualcosa da rottamare è il metodo, il modo, il cinismo, la cooptazione, la fedeltà premiante, la ricerca dei denominatori comuni con i compromessi al ribasso invece di cercare il multiplo, quello che potrebbe sprigionare energie e moltiplicare gli effetti. La questione è tutta politica, non generazionale. Sbaglia chi va a Firenze per mostrare i muscoli o per prenotare un posto in prima fila. Sbaglia chi mette le asticelle delle età e conta quanti gggiovani (con tante g) sono nelle istituzioni. La gioventù non è una razza: passa, se non si muore giovani.
Ilda Curti – Assessore alle politiche per l'integrazione – Comune di Torino
Benvenuto Segretario
Se Bersani viene a Firenze sono contento. Avrà freddo, non ci saranno caminetti con i quali riscaldarsi. Avrà fame, non ci saranno crostate con le quali suggellare patti tra presunti padri della Costituzione. Ci si sfamerà insieme nel grande pranzo del sabato. Alla pari. E poi tanta politica fatta da giovani maleducati. E anche da meno giovani.
Perchè a Firenze l'età anagrafica sarà un'opinione.
Controcorrente
Sottopongo a tutti il documento politico programmatico che accompagna la mia candidatura alla segreteria provinciale.
Come dice il segretario, si lavora per la ditta. Nella speranza di costruire, tutti insieme, un PD più forte.
L’analisi politica
Il congresso che ci accingiamo a celebrare è probabilmente il primo vero momento di discussione ampia e partecipata dalla fondazione del PD. Confidiamo sia l’occasione durante la quale si riesca finalmente a discutere di quale PD vogliamo costruire anche nella nostra provincia.
Abbiamo tutti ancora sotto gli occhi quanto accaduto durante il congresso che si è tenuto in occasione delle primarie del 2009.
Mozioni e correnti che si crearono intorno a personalismi, riposizionamenti e rese dei conti in vista delle elezioni regionali che si sarebbero tenute da lì a breve. Scene di isterismo per la composizione delle liste bloccate per l'elezione dell'assemblea regionale. Mozioni e correnti che hanno ingessato il PD in provincia di Latina come nel Lazio, creando così i presupposti per il commissariamento del partito della nostra Regione.
La nomina del Commissario del PD Lazio Vannino Chiti ha sancito il fallimento di un’intera classe dirigente.
Una classe dirigente che, al di là di effimeri successi personali che anche in provincia di Latina non hanno portato alcun valore aggiunto per l’intero partito, non ha saputo guidare da protagonista la battaglia per le ultime elezioni regionali e tanto meno per le elezioni amministrative che, negli anni, si sono succedute, uscendone quasi sempre irrimediabilmente sconfitta.
Una classe dirigente che ci ha consegnato gruppi regionali e provinciali di soli uomini, non puntando praticamente mai sul ricambio generazionale e di genere.
Anche in provincia di Latina il partito ha puntato sull’individualismo invece che sul proprio patrimonio valoriale, divenendo così ostaggio dei signori delle preferenze e dei capibastone.
Ma la nomina del Commissario del PD Lazio sancisce anche il fallimento di un metodo: quello dei caminetti, delle cene, degli accordi in separata sede tra correnti, che hanno perso la connotazione tematica e di sintesi, per divenire luoghi di spartizione.
Correnti che sono ormai superate dagli eventi, avendo in breve tempo perso per strada coloro che alle mozioni congressuali avevano aderito per pura passione politica.
Nonostante tutto questo, però, esiste ancora nel PD chi fa politica senza coltivare mire personalistiche, animato dall'unico intento di mettersi al servizio del partito, ciascuno secondo le proprie competenze, per contribuire a costruire un PD che, anche nel nostro territorio, rispecchi maggiormente, rispetto a quanto è stato fatto fino ad ora, le aspettative di innumerevoli suoi elettori.
Con questo spirito abbiamo deciso di avanzare agli iscritti del PD della provincia di Latina la nostra candidatura alla guida del partito provinciale.
Siamo iscritti, dirigenti di questo partito che hanno fatto il congresso su posizioni diverse, ma che vogliono uscire dallo schema correntizio che imbavaglia il dibattito, non entra nel merito delle questioni politiche e si riduce ad una distribuzione di ruoli interni e di candidature nelle liste.
Non apparteniamo ad alcun cognome.
Siamo persone libere e responsabili, una responsabilità che sentiamo nei confronti del PD, dei suoi iscritti e dei suoi militanti. Nei confronti del territorio sul quale svolgiamo quotidianamente la nostra azione politica, dei suoi cittadini, dei suoi elettori.
Ci proponiamo di restituire il PD, anche in provincia di Latina, alla politica. Quella vera, fatta dal lavoro quotidiano dei circoli sul territorio, vicino alle persone e ai loro problemi.
Pensiamo ad un partito aperto alla società che con trasparenza, realtà e spirito propositivo riporti verso gli iscritti, gli elettori, i cittadini, le scelte politiche che riguardano il nostro territorio.
Esempi positivi di impegno profuso sul campo dai circoli attivi nella nostra provincia non mancano di certo, ma è un lavoro che rischia di essere vanificato se il contraltare all'impegno profuso nell'elaborare proposte politiche è rappresentato dall'ubbidienza al capocorrente locale, dall'esasperazione del personalismo, dalle smanie degli acchiappavoti.
Il rischio di un mancato cambio di rotta è spingere ai margini della vita politica quei cittadini che hanno visto nel PD la possibilità di potere, finalmente, contribuire a costruire una società più confacente alle proprie aspettative, ai propri ideali.
In tal modo sarebbe minata anche l’azione feconda dei circoli che, da luogo di aggregazione e discussione aperto alla società, agli elettori, alle associazioni che operano sul territorio al di là di appartenenze politiche, rischiano di diventare dei comitati elettorali da aprire o chiudere a seconda dell’avvicinarsi o meno delle scadenze elettorali.
La conseguenza naturale di una siffatta situazione è alimentare la disaffezione verso la politica e quindi anche nei confronti del PD, soprattutto tra le giovani generazioni.
Il PD dovrebbe essere il partito dei giovani elettori e il fatto che invece non riesca, anche in provincia, a catturare il consenso della popolazione under 35 dà un ulteriore cifra del fallimento dell’azione politica sin qui messa in atto dal partito sul nostro territorio.
Le nostre proposte
Un partito provinciale “federalista”
Pensiamo ad un partito democratico in Provincia di Latina che sappia valorizzare i circoli territoriali garantendo un sostegno attivo fondato su loro livello crescente di autonomia politica ed economica.
Vogliamo un partito provinciale che sappia coordinare le attività dei circoli su temi di carattere provinciale, regionale e nazionale. Non vogliamo invece una federazione provinciale che impartisca direttive su questioni di natura territoriale e comunale, dove l’autonomia dei circoli è l’unica strada per affrontare le problematiche dei vari territori in maniera efficace e condivisa con i cittadini.
Proponiamo quindi di dare piena attuazione all’articolo 14 dello Statuto Regionale che incentiva la formazione di coordinamenti di zona che nascano da specifiche esigenze dei territori.
L’autonomia delle classi dirigenti del partito dovrà, inoltre, essere il principio ispiratore dei rapporti tra federazione e realtà locali in occasione degli appuntamenti elettorali che si terranno nei mesi a venire, tenendo però sempre ben presente la necessità di garantire la massima trasparenza e legalità nelle scelte da compiere. Trasparenza e legalità nei metodi ma anche nella scelta delle personale politico del PD e dei partiti con i quali, eventualmente, collaborare nel governo dei Comuni. Princîpi che dovranno essere ancor più stringenti in una terra come la nostra, teatro di infiltrazioni malavitose che tutti conosciamo bene.
Non possiamo però esimerci dall’indicare un metodo con il quale lavorare alla formazione delle coalizioni che aspirano a governare i nostri Comuni e per esso ci spenderemo nei luoghi deputati al confronto democratico al nostro interno.
Latina laboratorio nazionale
Il nostro capoluogo sarà interessato dalle elezioni amministrative nella prossima primavera. Pensiamo che a Latina il PD, impegnato nelle primarie di partito e di coalizione, debba offrire agli elettori una proposta politica che vada oltre la semplice contrapposizione tra le differenti anime del partito, contrapposizione che rischia di acuirsi a causa delle aspirazioni personali di chi, forte dei risultati ottenuti alle passate elezioni regionali, pensa di poter disporre a proprio piacimento del PD provinciale.
Potrebbe essere utile, invece, condividere con la cittadinanza tutta il progetto che si vuole mettere in piedi per la città e impegnarsi affinché a Latina nasca una coalizione democratica più ampia possibile che abbia come collante primario la legalità, un tema che può diventare lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo modo di concepire l'azione politica in provincia.
Latina come laboratorio nazionale in cui elaborare proposte per la città che abbiano il recupero della legalità al centro dell'azione politica.
Ai circoli quel che è dei circoli
La valorizzazione dei circoli passa anche dal riconoscimento del lavoro svolto sul territorio a partire da problemi locali specifici nonché sui temi di carattere più generale.
Proponiamo quindi l’istituzione di un meccanismo premiante per i circoli, le unioni comunali e i coordinamenti di zona “virtuosi”, ossia che si contraddistinguono per la significatività dell’azione politica messa in campo, per le iniziative organizzate a carattere locale piuttosto che regionale o nazionale. Tale meccanismo premiante dovrà innanzitutto consentire il drenaggio di maggiori risorse finanziarie a favore delle realtà “virtuose”, ma dovrà anche prevedere un riequilibrio della rappresentanza dei delegati nelle assemblee elettive.
Pensiamo in definitiva che debba contare di più il lavoro dei circoli rispetto al numero delle tessere, in considerazione del fatto che le adesioni al PD, in molte realtà, sono aumentate a dismisura in occasione del congresso del 2009 senza che al numero di iscritti corrispondesse alcun impegno fattivo nella vita del circolo. Peraltro il regolamento dei congressi approvato dal PD Lazio, congelando l’elettorato attivo al 21 luglio 2009, testimonia proprio tale malcostume, che ovviamente finisce per danneggiare la partecipazione spontanea e disinteressata dei nuovi tesserati ai quali viene negato il diritto di partecipare ad un momento così importante per la vita democratica del PD.
Un partito contendibile e rinnovato
Dobbiamo porre una grande attenzione a come viviamo la nostra democrazia interna.
Ciò significa, in definitiva, guardare alla sostanza dei problemi e rinunciare alla guerra di posizione.
Non c’è necessità di rottamare alcunché se non le cose che non vanno, le incertezze, le timidezze.
Bisogna quindi liberare i canali che consentano nel partito e nelle istituzioni ad una nuova classe dirigente di farsi avanti, consapevoli che vi è una generazione di democratici, di democratici e basta, che va chiamata ad assumere direttamente ruoli e responsabilità di primo piano nel partito, senza cooptazioni ma esclusivamente applicando il principio del riconoscimento del merito e delle competenze.
In quest’ottica proponiamo di rendere realmente contendibili le principali cariche politiche in occasione delle elezioni amministrative mediante la piena applicazione dell’articolo 18 dello statuto del PD che prevede lo svolgimento delle elezioni primarie per la selezione delle candidature. Riteniamo inoltre che tale principio dovrà essere applicato anche in caso si dovesse votare alle prossime elezioni politiche con l’attuale legge elettorale.
Riteniamo inoltre necessario favorire il ricambio nelle cariche politiche e istituzionali, anche a livello territoriale, e quindi dare attuazione alle norme statutarie in materia di cumulo e rinnovo dei mandati.
Pensiamo infine non sia più tollerabile l’utilizzo del PD come strumento in mano di pochi per la perpetuazione del proprio potere personale e pertanto proponiamo che il Partito faccia, nella nostra provincia, un passo indietro e rinunci ad esercitare, tramite i propri eletti, il potere di nomina di organi tecnici-amministrativi, di presidenze di Enti o di membri di consigli di amministrazione, di consulenti e professionisti.
Se saremo capaci di fare tutto ciò avremo reso un buon servizio al PD, ai nostri elettori, ai nostri concittadini.
Realpolitik
Ma Giovanbattista Giorgi se lo ricorda che in Regione Moscardelli ha firmato la legge Tarsia sui consultori?
Ma quando un pezzo da novanta del PD della provincia di Latina come Titta Giorgi prende posizione, parla a titolo personale oppure a nome della mozione Marino, di cui è esponente di spicco?
Ma Ignazio Marino sarà informato di quanto deciso "in suo nome" in provincia?
Ma ha ancora un senso tenere in vita la mozione Marino?
Un’occasione da non sprecare per il PD della provincia di Latina
A breve si terrà il congresso provinciale del PD, che coinvolgerà i 40 circoli sparsi sul territorio della provincia di Latina. Probabilmente il primo vero congresso dalla fondazione del PD, durante il quale spero si riesca finalmente a discutere di quale PD vogliamo costruire anche nella nostra provincia, provando a non replicare il congresso-farsa che si è tenuto in occasione delle primarie del 2009.
Tutti intruppati. Mozioni e correnti che si crearono intorno a personalismi, riposizionamenti e rese dei conti in vista delle elezioni regionali che si sarebbero tenute da lì a breve. Scene di isterismo per la composizione delle liste (bloccate) per l'elezione dell'assemblea regionale. Mozioni e correnti che hanno ingessato il PD in provincia di Latina come nel Lazio, creando così i presupposti per il commissariamento del partito della nostra Regione.
Nonostante tutto questo, però, esiste ancora nel PD chi fa politica per passione, senza coltivare mire personalistiche, animato dall'unico intento di mettersi al servizio del partito, ciascuno secondo le proprie competenze, per contribuire a costruire un PD che, anche nel Lazio, rispecchi maggiormente, rispetto a quanto è stato fatto fino ad ora, le aspettative di innumerevoli suoi elettori.
Su questo solco si inserisce la lettera che un gruppo di iscritti, militanti e simpatizzanti ha indirizzato al commissario del PD Lazio Vannino Chiti.
(http://www.pdlazio.it/2010/10/lettera-al-commissario-del-pd-lazio-vannino-chiti/)
I primi passi del Commissario sono stati confortanti, ma ciò che mi auguro è che, alla fine del suo mandato, Chiti sia stato capace di restituire il PD del Lazio alla politica.
Quella vera, fatta dal lavoro quotidiano dei circoli sul territorio, vicino alle persone e ai loro problemi.
Esempi positivi non mancano di certo. Per restare a quanto sta accadendo nel mio territorio di origine, il Sud-Pontino, potrei citare l'opera meritoria del Coordinamento di Zona (Circoli di Minturno, Formia, Castelforte, S.S. Cosma e Damiano, Gaeta, Spigno, Itri e Ponza) sui temi del nucleare, della sanità, della portualità.
Un lavoro che rischia di essere vanificato se il contraltare all'impegno profuso nell'elaborare proposte politiche è rappresentato dall'ubbidienza al capocorrente locale, dall'esasperazione del personalismo, dalle smanie degli acchiappavoti.
Condizioni nefaste che non solo hanno reso poco appetibile l'offerta del PD agli occhi degli elettori in occasione delle consultazioni passate, ma che rischiano di spingere ai margini della vita politica quei cittadini che hanno visto nel PD la possibilità di potere, finalmente, contribuire a costruire una società più confacente alle proprie aspettative, ai propri ideali.
E tale condizione diventa ancora più drammatica se si considera come ormai ineluttabile la necessità di ricorrere ad un radicale cambiamento della classe dirigente del PD, anche nel Lazio, per rilanciare l'azione politica del nostro partito.
Il PD del Lazio sarà palcoscenico, nelle settimane prossime, di eventi politici decisivi per le sorti del partito, primi su tutti lo svolgimento dei congressi provinciali nonchè le elezioni amministrative in svariati comuni, Latina in primis.
Mi auguro che a Latina il PD, impegnato nelle primarie di partito e di coalizione, sappia offrire agli elettori una proposta politica che vada oltre la semplice contrapposizione tra le differenti anime del partito, contrapposizione che rischia di acuirsi a causa delle aspirazioni personali di chi, forte dei risultati ottenuti alle passate elezioni regionali, pensa di poter disporre a proprio piacimento del PD provinciale.
Potrebbe essere utille, invece, tenere le primarie con lo spirito di condividere con la cittadinanza tutta il progetto che si vuole mettere in piedi per la città, coinvolgendo i "naturali" partner del PD, ossia IDV, SEL e sinistra responsabile, in uno spirito collaborativo e unitario, alla stregua di quanto stanno facendo Boeri, Onida e Pisapia a Milano.
Coalizzarsi quindi, a Latina, avendo come collante primario il tema della legalità che può diventare lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo modo di concepire l'azione politica in provincia.
Latina come laboratorio nazionale in cui elaborare proposte per la città che abbiano il recupero della legalità al centro dell'azione politica.
Provare, finalmente, a mettere ai margini della vita politica e amministrativa coloro i quali hanno fatto scempio della legalità e delle istituzioni, ossia le bande del PdL che fanno capo ai vari Fazzone, Del Balzo e che hanno sempre trovato sponda, in regione come in provincia, nell'UDC della famiglia Forte.
Quelle stesse mire personalistiche che potrebbero minare le possibilità di vittoria nelle prossime elezioni amministrative di Latina, rischiano di contraddistinguere il congresso provinciale del PD di Latina e quindi di segnare ancora una volta la vittoria di logiche correntizie che hanno raggiunto il culmine della loro influenza nefasta con la contrapposizione fra le tre mozioni congressuali. Rischiamo seriamente di provocare ulteriori danni al PD provinciale se non troveremo, al nostro interno, la forza di superare le divisioni dettate dall'appartenenza all'una o all'altra mozione e sapremo, invece, premiare esclusivamente l'impegno profuso sul territorio, la forza delle iniziative messe in campo, il lavoro dei circoli.
Se saremo capaci di fare tutto ciò avremo reso un buon servizio al PD, ai nostri elettori, ai nostri concittadini.
Giustizia a senso unico
Ecco, queste sono le cose che mi fanno incazzare davvero.
Non perchè pensi che il protagonista ventenne di questa triste vicenda debba marcire in carcere. Affatto.
Non sopporto il doppiopesismo di certi esponenti del centrodestra e di una parte dei miei concittadini, che, a parti invertite, hanno sempre invocato un rigore estremo nell'applicazione delle misure cautelari prima e nell'erogazione delle pene poi.
Al solito, i reati commessi da cittadini non italiani sono più gravi degli stessi reati commessi da cittadini italiani.
Le attenuanti invocate per gli italiani non valgono mai per gli stranieri.
Non funziona così. Almeno non dovrebbe.
Adro vs Livorno
Quando c'è di mezzo l'avvocato calabrese Mariastella Gelmini le risate sono sempre assicurate.
E le figure di merda pure.
La mancanza di senso del ridicolo contraddistingue gli ultimi colpi di coda da parte dei protagonisti di epoche che stanno per chiudersi.
E in questo caso non manca mai la mano di quei mistificatori che usano farsi chiamare giornalisti de Il Giornale. Povero Montanelli!!!
Piazza, bella piazza
Ieri manifestazione serena, pacifica. Centinaia di migliaia di persone hanno sfilato per le vie di Roma senza incidenti, nonostante qualcuno avesse preannunciato chissà quale sfacelo.
Sono tornato a casa contento dopo aver incontrato Giovanni Barozzino e aver avuto l'onore di stringergli la mano.
Qui sotto l'articolo di Gad Lerner apparso stamattina su La Repubblica.
L'ingiustizia plateale di cui è vittima il lavoro dipendente nel nostro paese – rimossa dal governo, trascurata dalla sinistra – si sta riprendendo da sola l'attenzione che le spetta.
Solo un establishment miope, che ha lucrato per decenni sulla crescita delle disuguaglianze sociali senza peraltro compensarla con alcun vantaggio per l'economia, può liquidare la piazza romana gremita di lavoratori metalmeccanici come una manifestazione di estremismo politico. Da trent'anni una distribuzione squilibrata del reddito – che a differenza da altri paesi neppure la fiscalità e il welfare riescono a correggere – provoca un'imponente decurtazione della quota di ricchezza nazionale destinata alle buste paga. E come se questo non fosse un problema, ogni rara volta che viene ipotizzato un nuovo investimento nell'apparato industriale, esso viene preceduto dalla richiesta di concessioni normative a vantaggio dell'impresa. Quasi non provenissimo da decenni di moderazione sindacale e di concessioni rimaste senza contropartita alcuna per i lavoratori.
Può sembrare antico il simbolo della Federazione Impiegati Operai Metalmeccanici della Cgil fondata nel 1901, con la ruota dentata e il martello affiancati alla penna e al compasso – ma chi lo irrideva alla stregua di un anacronismo ormai disgiunto dal malcontento operaio, ha perso la sua scommessa.
Ancora una volta si è confermato poco saggio confidare sulla divisione sindacale per edificare nuove relazioni industriali. Sono caduti nel vuoto perfino gli avvertimenti del vecchio "duro" Cesare Romiti. Peggio ancora, il ministro Maroni ha additato irresponsabilmente come pericolo pubblico la manifestazione promossa da una grande organizzazione democratica che merita il rispetto di tutti, compreso chi non ne condivide la linea sindacale. Mentre il suo collega Sacconi, novello apprendista stregone, ha sproloquiato vaneggiando di un inesistente "clima da anni Settanta".
La compostezza della protesta operaia ha fatto giustizia della linea di un governo che punta a stringere accordi con la Cisl e la Uil negando il ruolo decisivo della Cgil. Speriamo che l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, dopo aver dato in questa circostanza il cattivo esempio, riveda il proprio errore.
Toccherà ora ai sindacati di Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti ritessere un rapporto unitario con la nuova leader della Cgil, Susanna Camusso, contribuendo a sopire le tensioni che hanno dato luogo purtroppo a intimidazioni gravi nei loro confronti. Nessuno tra coloro che rifiutano calcoli politici di breve periodo, neanche la Confindustria, ha convenienza a fronteggiare la gestione della crisi economica con due piazze sindacali contrapposte. Tanto più dopo la giornata di ieri che ha evidenziato rapporti di forza diversi da quelli su cui forse anche Cisl e Uil facevano affidamento.
L'argomento secondo cui la Fiom Cgil mobilita grandi numeri solo perché intorno a lei si radunano forze radicali, precari della scuola e studenti estranei al mondo della fabbrica – il "nuovo antiberlusconismo" di cui parla Nichi Vendola – denota una visione politicista che elude la sostanza del problema: chiedere deroghe ai dipendenti in materia di malattia e diritto di sciopero, addirittura disdettare un contratto nazionale prefigurando ovunque normative svantaggiose, viene percepito come un'ingiustizia da chi molto ha già dato senza ricevere nulla in cambio.
Certo, dalla nuova posizione di forza acquisita, anche la Fiom Cgil dovrà avvertire la responsabilità di operare per una nuova unità sindacale, sedersi di nuovo ai tavoli delle trattative, vincendo la tentazione di un isolamento dorato.
Il Partito Democratico soffre più di chiunque altro questa divisione sindacale e paga il prezzo di non aver saputo delineare un suo impegno politico diretto nel mondo del lavoro, influenzando anche le dinamiche interne alle tre confederazioni. L'assenza di Bersani in piazza San Giovanni è dovuta al fatto che il segretario del Pd non può oggi permettersi di scegliere: difatti non aveva partecipato neppure alla manifestazione di Cisl e Uil, la settimana prima, a piazza del Popolo.
Magari fosse solo una questione diplomatica. La verità è che l'intera classe politica del centrosinistra, qualunque sia la sua matrice culturale, si è macchiata di un'inadempienza storica. Rescisso il legame esistenziale con gli operai, interrotto il circuito virtuoso per cui la rappresentanza delle classi subalterne si tramutava anche in leadership espresse direttamente dal mondo del lavoro, non ha allontanato solo il suo tenore di vita e la sua sensibilità dal popolo delle formiche. La classe dirigente del centrosinistra si è autoconvinta che un'adesione acritica alla cultura neo-liberale fosse il requisito indispensabile per candidarsi al governo del paese, supportata dal consenso di un establishment che nel frattempo si arricchiva spogliando risorse, anziché promuovere lo sviluppo.
Saranno necessari un cambio di mentalità, drastiche correzioni organizzative e di comportamenti, affinché l'attenzione al reddito e alla condizione operaia riacquisti il giusto peso nella politica del centrosinistra.
Non è un ritorno all'antico, ma un'adesione moderna alla vita quotidiana di chi fa fatica, il messaggio urgente che piazza San Giovanni rivolge a una politica distante.
Roma – 16 ottobre 2010
Domani si attende a Roma bellissima manifestazione, serena e pacifica.
Ovviamente il PD che fa? Tentenna. Come non essere d'accordo con quanto dice Marco?