Ciò che sta accadendo a Napoli in queste ore ha dell'incredibile, o forse no.
Era già tutto scritto.
Le primarie sono uno strumento indispensabile, ma da maneggiare con cura.
E in una città (e in una regione) nella quale già durante il congresso si erano evidenziate situazioni anomale, non credo potesse succedere qualcosa di diverso.
Bene ha fatto Bersani, come chiedevano in tanti, a commissariare il PD a Napoli. Nonostante le voci contrarie. Che non mi sembrano del tutto disinteressate.
Forse però bisognava accorgersene prima che da quelle parti c'era qualcosa che non andava.
Invece si è preferito fare finta di niente.
Tutti contenti del potere acquisito dal mr. 130mila voti di turno.
Senza chiedersi su cosa si fonda quel potere politico così smisurato.
In Campania il PD ha fatto carne di porco. Non ce lo dobbiamo nascondere.
In tanti anni di governo della città e della regione si è creato un sistema di potere clientelare che pensa di potersi perpetuare ad libitum.
Speculare a quello del centrodestra, o quasi.
E quando la politica si riduce a questo, non ci sono primarie o tesseramenti che tengano.
Un partito che fonda la sua azione politica sul potere dei singoli, dei signori delle tessere, dei capobastone, dei cacicchi, non potrà che produrre tesseramenti fasulli e primarie taroccate.
Ovviamente il problema non è solo di Napoli, il problema del tesseramento fasullo credo riguardi molte realtà del PD.
Le truppe cammellate esistono eccome.
E ovviamente il problema non sono le primarie.
C'è però a mio avviso uno specifico problema Sud.
Bersani e i vertici del PD avrebbero dovuto capire che in alcune realtà la battaglia deve essere condotta in discontinuità netta con quanto fatto in passato.
Perchè laddove la criminalità condiziona l'economia dei territori e prolifera sulle incertezze (e a volte sulla connivenza) di una classe politica che non offre risposte alla disperazione dei cittadini, si rischia di perdere ulteriore credibilità, e i danni si propagano, poi, a livello nazionale.
Nei mesi scorsi avevamo lanciato un appello per Latina.
Premesso che a Latina le primarie per la scelta del candidato a sindaco si sono svolte nella massima serenità e trasparenza. La partecipazione è stata ottima. Non ci sono stati gruppi prezzolati che si sono presentati ai seggi, non ci sono state infiltrazioni del centrodestra (tranne il caso isolato di un noto personaggio locale che si è presentato al seggio in Ferrari, ha votato, ha versato la quota ed è andato via, vabbè).
Però, la sfida che si è profilata non è stata altro che una riproposizione di sfide tutte interne al PD.
Ex DS contro ex Margherita.
In una città che aveva e ha bisogno, invece, di un segno di rottura forte, fortissimo.
Che motivasse la cittadinanza tutta sui temi della legalità, della deindustrializzazione, del lavoro, della ricostruzione di un tessuto sociale condiviso, oltre quanto hanno fatto egregiamente, i due aspiranti sindaci con i rispettivi "fan" (uso la parola nell'accezione più positiva possibile, sia ben chiaro).
In parole povere il PD continua, forse a parlare alla curve e a chi sta nello stadio, ma per cambiare Napoli, Latina, il Sud, il Paese, bisogna rivolgersi a chi sta fuori dallo stadio.
Se il PD non capisce questo, saremo sempre perdenti.
Possiamo anche fare le primarie, vincere le elezioni, ma il rischio è che, nei fatti, nulla cambi.
E vista la situazione del Paese, non ce lo possiamo permettere.
Archivi giornalieri: 29 Gennaio 2011
La Quarta Repubblica
L'Italia è certamente un paese democratico.
Ma l'assuefazione alla mancanza di regole e senso civico, unita con il l'opera capillare di rincoglionimento delle persone a mezzo tv, di delegittimazione della magistratura, di denigrazione delle Istituzioni (vedi alla voce P2), condita con una legge elettorale infame, ha reso la nostra democrazia molto ma molto debole.
Serve uno scossone, probabilmente.
E un nuovo gruppo dirigente (non abbiamo bisogno di uomini forti) che si prenda sulle spalle il peso di rifondare il Paese sulla condivisione di un progetto comune.
Chi è stato in politica fino ad ora non ha la credibilità necessaria per intercettare un largo consenso e assumere la guida del Paese.
Chi oggi grida all'emergenza democratica, dalla sinsitra dell'emiciclo, è lo stesso che ha legittimato Berlusconi sin dal 1993, riconoscendogli il ruolo di interlocutore solo perchè godeva di consenso nel Paese. Berlusconi stava per diventare un padre della patria (Bicamerale), al pari dei membri dell'Assemblea Costituente.
E se non erano colpevoli allora, lo sono adesso, per aver sottovalutato il carattere eversivo del potere berlusconiano.
Per non aver risolto il conflitto di interessi, che sta alla base del fiume di fango che oggi viene riversato sugli avversari del caimano.
Credo che le giovani leve del PD possano assumersi questa responsabilità.
Non vedo in giro altri gruppi dirigenti illuminati.
La Quarta Repubblica non può che nascere così.