Se qualcuno, fino a poco tempo, mi avesse parlato di nazione, bandiera, patria, l’avrei guardato storto. Ho sempre pensato che la retorica patriottica fosse un patrimonio della destra italiana, quella Dio, Patria e Famiglia, incarnata in Alleanza Nazionale e nei sui colonnelli. Perciò venivo preso da attacchi di orticaria, dinanzi ad una ipocrita rivendicazione di appartenenza ad una nazione che con una mano veniva glorificata nei simboli, con l’altra veniva affossata con i comportamenti delle sue classi dirigenti.
Mi sono sempre considerato un cittadino del mondo, non ho mai attribuito al mio essere nato in Italia una particolare significato. Mi sono sempre incazzato (e mi incazzo ancora) quando dinanzi ad una tragedia la prima notizia che si da è che non ci sono italiani tra le vittime, come se la vita di un italiano velesse di più rispetto alla vita di un qualsiasi altro essere umano.
Ma negli ultimi mesi si sta compiendo, anche per me, un processo di maturazione che coinvolge, a quanto pare, tantissimi italiani. Stufi di vedere le istituzioni sbeffeggiate, i lavoratori umiliati, gli immigrati sfruttati, la cultura annullata, perchè tutto ciò che è stato cultura fin’ora è di sinistra e quindi marcio, malato, indegno.
E allora, di fronte allo scempio che si è compiuto sotto ai nostri occhi nel trentennio berlusconiano, mi sento di nuovo orgoglioso di essere un cittadino di questo Paese e di appartenere a quella parte del Paese che ha ancora a cuore le istituzioni, la democrazia, la scuola, l’università, la ricerca, il lavoro, la fabbrica.
E allora ho messo una bandiera tricolore fuori dalla mia finestra.
Non ne faccio una questione politica. Sbaglia Bersani quando dice che i veri patrioti siamo noi del PD. Non è vero. I patrioti sono ovunque, sono trasversali. Negli ultimi tempi sono stati, forse, ancora più silenti perché non hanno trovato una degna rappresentanza politica. C’è una parte buona del Paese che va oltre le tessere di partito e i voti depositati nell’urna. E questa parte del Paese ha probabilmente trovato, finalmente, la forza di indignarsi, di ribellarsi. Di dire basta al modello imposto da 30 anni di teledittatura.
La parte migliore dell’Italia sta, finalmente, trovando il coraggio di far sentire la propria voce. A noi sta il compito, difficilissimo, di dare loro la migliore rapprersentanza politica possibile.
Fa qualcosa che serva, prima che l’Italia si perda. Appunto.