Archivi giornalieri: 3 Giugno 2011

Analisi da rottamare

L’articolo di Tommaso Labate, apparso ieri su Il Riformista, ci offre una lettura del risultato delle amministrative che rischia di essere molto, ma molto pericolosa. Labate non sembra nutrire  timori per le strategie future del PD, timori di cui parla invece L’Espresso e che condivido in pieno. Certamente la leadership di Bersani è uscita rafforzata dal voto, e di ciò non possiamo che rallegrarcene, tutti. Però la leadership va anche esercitata, possibilmente non tra i commensali che siedono davanti al caminetto, ma avendo l’umiltà di capire ciò che gli elettori (reali e potenziali) del tuo partito vogliono. Cosa ci ha detto il voto nelle città italiane?

A Milano Mister X non era un candidato del PD. Nonostante ciò il PD è andato benissimo. Perchè? Perchè ha sostenuto senza esitazioni e con estrema lealtà un candidato non suo, forte dell’investitura delle primarie, del suo profilo fortemente civico e soprattutto di un progetto per la Milano del futuro che non prevede sconti sui temi che stanno a cuore all’elettorato del PD. Diritti, energie rinnovabili, mobilità, integrazione. Tutto ciò ha fatto si che si mobilitassero, finalmente, i giovani elettori , probabilmente attratti anche da un candidato con un profilo netto, oltre che mossi dal desiderio di chiudere l’esperienza fallimentare  della giunta Bat-Moratti. Guarda caso è successo proprio quello che i “rottamatori”, Civati in testa, auspicavano da mesi, inascoltati. Ma buoni profeti. Appellarsi ad una questione puramente anagrafica, come fa Labate, è un esercizio di polemica sterile che non risponde alla domanda di rappresentanza che proviene dalla fascia più giovane della società, quella degli under 35, per intenderci. Il successo del PD a Milano indica una strada che il PD dovrebbe seguire, se non vuole rischiare di perdere le prossime elezioni politiche. Non conta l’età anagrafica, contano metodi e linguaggi, che non posso più essere quelli della nomenklatura. Ben venga anche un sessantenne, che però sappia parlare il linguaggio delle giovani generazioni, che sia libero dai condizionamenti delle correnti, che non sia incline ad inciuci terzopolisti. Allora mi chiedo: quanto c’è di Bersani,  nel successo di Pisapia? Quanto il PD ha invece “subito attivamente” (passatemi l’ossimoro)  un candidato non suo? Parlando semplicemente di linguaggio, qualcuno vuole paragonare la freschezza, l’ironia, la leggerezza dei messaggi elettorali pro-Pisapia con i manifesti commissionati del PD a livello nazionale? Siamo proprio sicuri che  se il candidato a sindaco di Milano fosse stato Boeri, il risultato finale sarebbe stato lo stesso?

Credo che l’analisi del voto di Cagliari possa essere simile a quanto detto per Milano, con l’aggravante che il PD aveva schierato alle primarie un castosauro del calibro del senatore Cabras, giustamente trombato.

Napoli merita un discorso a parte, ma tutto si può dire tranne che il PD abbia vinto. E nella vittoria di De Magistris al ballottaggio c’è pochissimo del PD, se non l’impegno dei giovani democratici cittadini come Francesco & Francesco, in barba alla totale assenza del PD ufficiale. Azzerato, giustamente, dal voto. E sul quale Bersani deve darsi una sveglia. Come nelle altre regioni del Sud Italia.

A Torino Piero Fassino si è messo in gioco con coraggio passando per la sfida delle primarie e sfruttando al meglio l’abbrivio fornito dagli anni di buona amministrazione delle giunte di centrosinistra. Anche qui, senza l’apporto del Terzo Polo.

Niente Terzo Polo a Bologna, Trieste, Novara.

Guarda caso, insomma, si è vinto proprio tenendo la barra a dritta. Cose che i “rottamatori” dicono da mesi. Allora, Labate, forse da rottamare è la tua analisi, così superficiale e che indica percorsi che rischiano di portare il centrosinistra verso nuove sconfitte.

p.s. Ovviamente Labate fa dire a Zingaretti quello che più gli fa comodo. L’intervista completa la trovate qui.

Dimissioni

Mi associo all’invito formulato da Giorgio. Bevilacqua e Alla devono dimettersi.

Concordo anche con il giudizio sull’UDC. Se è vero, come è vero, che rappresentano la morte della politica, allora occorre risolvere in maniera definitiva il problema delle alleanze con l’UDC a tutti i livelli.

Nazionale e locale.

Non è possibile pensare a percorsi comuni con un partito che ha un’idea della politica come quella incarnata dalla famiglia Forte: trasformismo, clientelismo, opportunismo. Come non è possibile pensare di governare l’Italia con un partito che appoggia delle leggi regionali infami come quella sui consultori nel Lazio oppure si oppone in Parlamento all’approvazione di una legislazione che regoli in maniera non ideologica il fine-vita.

E checchè ne pensi D’Alema dell’UDC, per governare la Prossima Italia, non abbiamo bisogno.

Ancora sui negozi aperti nei giorni di festa

Ieri 2 giugno, Festa della Repubblica. Come in ogni giorno di festa, gli esercizi commerciali hanno scelto se restare aperti o meno. Come da normativa vigente. Non ho sentito, nei giorni scorsi, alcuna polemica in merito. A differenza di ciò che avviene il 25 aprile e Primo Maggio. Mi viene il dubbio che il vespaio che invece si anima, ormai da qualche anno, in occasione di queste due ricorrenze sia volto non tanto a disquisire in merito all’opportunità di tenere aperti i negozi in giorni di festa, ma ad attaccare le festività stesse e ciò che rappresentano, e con esse il sindacato e la Resistenza. Detto ciò, ho trovato il centro commerciale sotto caso piacevolmente chiuso. E il grattacheccaro a Ponte Cestio piacevolmente aperto.

Macerata caput mundi

Questi continuano a non capire nulla di quello che è successo. Forse farebbero bene a leggere Michele Serra.
  
 
Credo, ormai, che il principale intento sia quello di ergersi a protagonisti della fase di transizione per decretare in maniera ancora più evidente l’impossibilità di rinunciare al loro contributo nei passaggi successivi. La supponenza di D’Alema come di altri dirigenti del PD, che si sentono insostituibili e inarrivabili da un punto di vista dell’intelligenza politica, al netto delle sconfitte patite dal 2000 ad oggi, che avrebbero pensionato qualsiasi altro leader europeo (Jospin, Gonzalez, Aznar, Blair, Shroder non rompono più i cabasisi all’interno dei rispettivi partiti politici),  inizia ad essere davvero fastidiosa.
Inizio inoltre a pensare che pure D’Alema non sappia bene cosa fare, in un fantomatico governo di centrosinistra, altrimenti sosterrebbe con coraggio le proposte (ce ne sono?) del proprio partito, invece di impantanarsi in provvedimenti tampone presi in accordo con PDL, Lega e UDC e che finirebbero per essere sostanzialmente la consacrazione del neo-centrismo del PD in campo economico.
Si chiedesse piuttosto quale sia stato il valore aggiunto di un candidato non-PD a Milano (siamo sicuri che Boeri avrebbe vinto contro la Moratti?), piuttosto che a Cagliari (Cabras non sarebbe arrivato nemmeno al ballottaggio) o a Cassino (D’Alema cita Macerata? E io cito Cassino!). Si chiedesse da cosa deriva la rinnovata partecipazione dei giovani elettori. Si chiedesse, infine, quale siano le responsabilità sue, della sua corrente e del partito tutto nella disfatta di Napoli e in Calabria piuttosto che nella vicenda della giunta regionale Siciliana. Il sud, questo sconosciuto.