Bersani dice – ed è un passo avanti importante – che per eleggere il leader dello schieramento di centrosinistra si faranno le primarie, ovvero non sarà automaticamente lui. Il problema è che non ci sono ancora le regole. È un po’ come se la squadra più forte annunciasse un nuovo campionato, cui possono partecipare anche squadre delle serie minori, ma dicendo che le regole le scriverà, più avanti, la squadra più forte. E che tutto l’apparato tecnico di funzionamento del campionato lavorerà per la squadra più forte. Chiaro che c’è un problema.
È questo che non si è ancora capito, a sinistra come a destra. Le primarie servono a trovare i candidati migliori, al di là delle logiche partitiche (che hanno mostrato tutti i loro limiti di selezione del ceto politico), non a legittimare i leader esistenti. Se lo scopo è trovare il candidato migliore, occorre metterli alla prova, alla pari, misurandone il rispettivo consenso. Nel caso del Pd già oggi si sa, per definizione, che qualunque sia il o la competitor, una parte degli elettori e degli iscritti non voterà il segretario (altrimenti non avrebbe nemmeno senso farle, le primarie). Se la macchina del partito – i suoi dipendenti, i siti, la stampa, le risorse finanziarie – lavoreranno solo per il candidato segretario, e non lealmente per tutti, vorrà dire che si tratta di una competizione truccata, e che gli iscritti e gli elettori che pensano che ci siano candidati migliori non hanno la stessa dignità e gli stessi diritti degli altri: il loro voto non conta e non pesa allo stesso modo. Il che spingerà molti ad andarsene, anziché a partecipare. La situazione rischia di essere peggiore a livello locale, per le primarie dei parlamentari. La macchina del partito, il suo personale, le sue finanze, i suoi spazi – legati in cordata agli eletti – a lavorare per la riconferma dell’esistente, e tutti i possibili competitor visti come potenziali nemici, perché portatori di cambiamento delle leadership. Ecco perché le regole sono cruciali. Se i partiti che credono nelle primarie vareranno regolamenti equi, in cui spazi e risorse serviranno per far conoscere i vari candidati e candidate, e non per promuovere l’uno o l’altro, lasciandoli selezionare, come è nella logica delle primarie, agli elettori, sarà una partita di straordinario interesse per il rinnovamento del Paese. Se sarà un match truccato produrrà un’ulteriore emorragia di iscritti e di consenso elettorale. Nel primo caso, i partiti renderanno un servizio al Paese. Nel secondo, il ceto politico si sarà servito dei partiti per rendere un servizio a se stesso. Una buona notizia per la vecchia classe dirigente, che non avrà più competitor interni, e riuscirà a garantirsi meglio le sue rendite, finché ci saranno. Una pessima notizia per il Paese.
Stefano Allievi, qui. E grazie a Fabian per la segnalazione.