Un senso di disagio mi pervade. Il disagio degli eventi e delle parole,
Gli eventi sono quelli che conosciamo tutti, in queste ore, in questi giorni, in questi mesi. In questi tempi bastardi. Esseri umani che perdono la vita a centinaia e centinaia. In barche che affondano, con bombe che esplodono, con armi che sparano. Mentre si scappa, si gioca, si lavora. Ovunque nel mondo.
E le parole, quelle abusate, quelle che si ripetono sempre uguali, quelle che non si trovano. Che poi queste ultime sono le migliori, per me. Perché davanti a certe cose forse la cosa più giusta, più rispettosa sarebbe il silenzio.
Mi sento a disagio davanti alla necessità di esternare a tutti i costi, come se le parole, belle o brutte, intelligenti o stupide, servissero ad esorcizzare il male, il dolore, la morte. Mentre il più delle volte mi appaiono come guardare la vita attraverso il buco di una serratura.
Non sono un antropologo, né un sociologo, ma qualcuno un giorno guarderà a questi anni e cercherà di spiegare da dove sia nata la necessità di frequentare (me compreso) questa enorme piazza virtuale e comunicare tutto quello che ci passa per la testa. Nel bene e nel male. Nel frattempo qualche parola in meno non può che far bene.