Non vorrei sembrare pessimista, e davvero vorrei che fosse fatta chiarezza sul sacrificio di Giulio Regeni. Ma al di là delle ulteriori verità che si potranno confezionare, e che si aggiungeranno alle menzogne infami che l’Egitto sta sfornando ogni giorno, l’unica verità possibile è che il regime egiziano confessi, autodenunci, sveli i suoi omicidi di stato, le torture, la repressione dei dissidenti. Significherebbe vedere Al-Sisi annunciare al mondo la propria colpevolezza, per la morte di Giulio e per le morti di migliaia di altre persone. E salutare, consegnandosi poi ad un tribunale internazionale che lo giudichi per crimini contro il proprio popolo. Per poi precipitare l’Egitto nel caos completo, il caos della Siria, della Libia, dell’Iraq, dell’Afghanistan. Ecco, uno scenario del genere, purtroppo, mi sembra altamente improbabile. Si continuerà a cercare mezze verità, e per ragioni di equilibri geo-politici ed economici ci si accontenterà di ciò che apparirà più vicino alla verità, e i genitori di Giulio e tutti noi continueremo ad urlare al mondo la verità. E il gas continuerà ad arrivare in Italia, e Al-Sisi continuerà ad essere il baluardo del l’occidente in quel pezzo di mondo.
Archivio mensile:Marzo 2016
C’è ancora speranza a Minturno
Mentre tra i candidati a Sindaco di Minturno c’è chi è contrario a qualsiasi forma di accoglienza e solidarietà nei confronti dei migranti, una figlia di Minturno, Sabrina Yousfi, si sta impegnando in prima persona per portare aiuti a bambini, donne, uomini costretti a vivere in condizioni disumane nel campo di Idomeni. Qui trovate una sua intervista.
Interrogazione parlamentare sulla Roma-Latina
Presentata da Stefano Fassina e Monica Gregori. Che ringrazio.
Perché i candidati a Sindaco, a Roma, non sono tutti uguali. E i parlamentari non sono tutti uguali. Si fa presto a parlare di consumo di suolo. Poi servono i fatti. E serve metterci la faccia.
La battaglia va avanti.
Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti . — Per sapere – premesso che:
la delibera del Cipe n. 121 del 21 dicembre 2001, riguardante il primo programma delle opere strategiche da realizzarsi ai sensi della legge n. 443 del 2001 (legge obiettivo), prevedeva la costruzione del collegamento autostradale A12-Pontina Appia e della bretella Cisterna-Valmontone;
l’iter autorizzativo legato a tale opera presenta, a giudizio degli interroganti, alcune gravi lacune legate all’ambito di applicazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11, finalizzata ad attuare le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (16G00013), (GU n. 23 del 26 gennaio 2016);
inoltre, il tracciato previsto dell’opera autostradale interessa inoltre il parco regionale di Decima-Malafede e incide direttamente sul sito d’importanza comunitaria (SIC) «Sughereta di Castel di Decima», inserito nella rete «Natura 2000» e protetto ai sensi della direttiva comunitaria 92/43/CEE;
il progetto in questione si sviluppa inoltre, per alcuni tratti, a ridosso di quartieri urbani densamente popolati, con particolare riferimento ai comprensori di Vitinia, Torrino Mezzocammino, Villaggio Azzurro e Tor de Cenci, con prevedibile e pesante impatto, secondo gli interroganti, dell’inquinamento acustico e atmosferico sulla qualità della vita in aree abitative consolidate, anche considerando le previsioni di traffico pesante (Tir) –:
se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative, anche normative, volte ad evitare il grave ed irreparabile, impatto paesaggistico e ambientale che deriverebbe dalla realizzazione della suddetta opera autostradale, con particolare riferimento all’Agro Romano, Pontino e dei Castelli Romani, ai siti di importanza comunitaria, alle aree naturali protette di rilievo nazionale e regionale direttamente coinvolte, anche tenuto conto del rischio sussistente, secondo gli interroganti, che venga avviata una procedura comunitaria di infrazione ai sensi della cosiddetta «direttiva Habitat», la direttiva 92/43/CEE, in relazione al pesante impatto previsto dal progetto dell’autostrada A12-Tor de cenci, sul sito di importanza comunitaria (SIC) «Sughereta di Castel di Decima»;
se i Ministri interrogati non ritengano altresì opportuno, considerate le gravi carenze e incongruenze rilevate a suo tempo dalla Corte dei Conti sul progetto di cui in premessa e visto il nuovo codice degli appalti pubblici di cui alla legge n. 11 del 2016, assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a sospendere e revocare le procedure di aggiudicazione e finanziamento delle tratte autostradali in questione, anche in relazione agli impegni assunti dal Governo in materia di riduzione del consumo di suolo, trattandosi in questo caso della distruzione di alcune migliaia di ettari di grande valore agricolo, paesaggistico e ambientale. (4-12183)
Dolore. Parole. Stragi.
Stamattina m’ero svegliato con l’idea di scrivere qualcosa sul dolore. E sulla necessità, di questi tempi a quanto pare ineludibile, di vivere il dolore in forma collettiva. Quasi catartica. Forse per esorcizzare il dolore che ciascuno si porta dentro. E per esorcizzare il male, che pure di quello ciascuno di noi ne ha un pezzettino, da qualche parte. Poi le notizie da Bruxelles mi hanno spinto ad evitare commenti, perché mi sembrava che di parole in giro, molte inutili, ipocrite, gratuite, ce ne fossero a sufficienza. E poi però Carlo Soricelli ci ricorda le tragedie quotidiane che passano sotto silenzio. Senza lacrime collettive, applausi alle esequie, visite di ministri e sottosegretari e premier e presidenti. A sottolineare, ancora una volta, che della sicurezza sul lavoro non frega a nessuno. Immaginate 117 italiani morti per una bomba. È già accaduto, ma si fa finta di non saperlo.
¿Qué pasa en Cuba?
Come non ricordare questo giorno di primavera? La storia fa il suo corso, a volte a piccoli passi, altre volte a falcate. E cammina sulle gambe di leader coraggiosi.
Che non se le mandano a dire. Qui le formule “confronto franco e sereno” non servono.
Diritti e democrazia, ha detto Obama. Embargo e Guantanamo, ha risposto Castro.
Il PD diventa turboCraxiano
A dirla tutta supera anche il maestro. La campagna referendaria per l’astensione sul referendum No-Trivelle va ben oltre l’invito di Craxi ad andare al mare. Lì c’era una parvenza di disimpegno, oggi addirittura si impegnano energie per far fallire la consultazione. Nemmeno il coraggio di parteggiare apertamente per il No. Una vigliaccheria politica senza precedenti. Che pena, ragazzi.
Il voto aggirato di milioni di persone
Stefano Rodotà, dalle pagine de La Repubblica, argomenta sui referendum:
“Vengono invece poste tre serissime questioni politico-istituzionali: come riaprire i canali di comunicazione tra istituzioni e cittadini, per cercar di restituire a questi la fiducia perduta e avviare così anche una qualche ricostruzione dei contrappesi costituzionali; come evitare che si determini una inflazione referendaria; come riprendere seriamente la riflessione su “ciò che resta della democrazia” (è il titolo del bel libro di Geminello Preterossi da poco pubblicato da Laterza). Ma sarebbe grave anche giungere alla conclusione che l’unico referendum che conta sia quello, sicuramente importantissimo, sulla riforma costituzionale, e che tutti gli altri non meritino alcuna attenzione e che si possa ignorarne gli effetti.
Sembra proprio questa la conclusione alla quale maggioranza e governo sono giunti negli ultimi giorni, nell’approvare le nuove norme sui servizi idrici, che contraddicono il voto referendario del 2011. Quel risultato clamoroso avrebbe dovuto suscitare una particolare attenzione politica e, soprattutto, una interpretazione dei risultati referendari la più aderente alla volontà dei votanti. E invece cominciò subito una guerriglia per vanificare quel risultato, tanto che la Corte costituzionale dovette intervenire nel 2012 con una severa sentenza che dichiarava illegittime norme che cercavano di riprodurre quelle abrogate dal voto popolare. Ora, discutendo proprio una nuova legge in materia, si è prodotta una situazione molto simile e viene ripetuto un argomento già speso in passato, secondo il quale formalmente l’acqua rimane pubblica, essendo variabili solo le sue modalità di gestione. Ma qui, come s’era cercato di spiegare mille volte, il punto chiave è appunto quello della gestione, per la quale le nuove norme e il testo unico sui servizi locali fanno diventare quello pubblico un regime eccezionale e addirittura ripristinano il criterio della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito” cancellato dal voto referendario.
È evidente che, se questa operazione andrà in porto, proprio il tentativo di creare occasioni e strumenti propizi ad una rinnovata fiducia dei cittadini verso le istituzioni rischia d’essere vanificato. Se il voto di milioni di persone può essere aggirato e messo nel nulla, il disincanto e il distacco dei cittadini cresceranno e crollerà l’affidabilità degli strumenti democratici se una maggioranza parlamentare può impunemente travolgerli.
Questo, oggi, è un vero punto critico della democrazia italiana, non il rischio di una inflazione referendaria…”
La conservazione dell’attuale modello di sviluppo (senza ricorrere a Freud)
L’arrampicata sui vetri, con tanto di rumore di unghie che ti fanno drizzare i peli sulle braccia, appare come lo sport più praticato in certi ambienti turbo-renzian-democratici.
Prendete il referendum sulle trivelle. Loro stanno lì con il ditino alzato, e ti ricordano che non si tratta di fermare nuove trivellazioni (il fantasmagorico governo del fare ne ha già bloccate di nuove, oltre le 12 miglia!!!), ma semplicemente di non rinnovare la concessioni alla loro naturale scadenza per le prospezioni entro le 12 miglia. E ti ricordano che che le risorse che un domani non estrarremo dai nostri mari dovremo comunque acquistarle, e quindi la situazione globale dal punto di vista dell’impatto ambientale non cambia, anzi peggiorerà. La cosa più stupefacente è che lamentano la politicizzazione del referendum, cosa che abbaglierebbe le masse distogliendole dal merito del quesito. Ora, che i più strenui difensori del premier che più nella storia sta politicizzando un quesito referendario (quello sulla riforma Costituzionale), per legare il suo destino ad un passaggio democratico che allontana i riflettori dal merito della riforma, vengano a formulare una tale osservazione, beh, è davvero tragicomico. Ma si sa. I turborenziani perdono qualsiasi freno inibitore, quando si tratta di difendere le scelte del loro capo.
Lamentano, udite udite, la possibile nascita di una grande coalizione sociale che si batta per le fonti di energia rinnovabili. Come sei i referendum, storicamente, non abbiano contribuito a creare una coscienza collettiva, un dibattito nel Paese che ha consentito di mutare i paradigmi sui quali si fondava la società fino al loro svolgimento, tipo i quesiti su aborto e divorzio.
E quindi? Ben venga che i referendum NO-Triv, al di là del merito del quesito, contribuiscano a definire verso quale modello di sviluppo vogliono tendere, con le loro scelte, i cittadini. E non mi sembra nemmeno una questione troppo tecnica, dopotutto. Il senso del referendum è rinnovabili si, rinnovabili no. Come fu per il referendum sull’acqua pubblica. Si o no. Che poi decidiate anche voi di fregarvene del voto degli italiani, beh, non mi stupisce.
Infine, si dice che il SI al referendum comporterebbe l’acquisto di risorse energetiche non estratte dai giacimenti italiani d altre parti, per 5 miliardi di Euro. Ecco, forse sarebbe il caso investire davvero in fonti rinnovabili per evitare di dover ricorrere ancora a petrolio o gas per soddisfare i nostri bisogni energetici. Tipo iniziando ad installare il fotovoltaico sugli edifici pubblici cercando di non consumare suolo agricolo per l’installazione di nuovi impianti.
Troppo difficile per chi ha seppellito, con il PD, anche qualsiasi riferimento alla difesa dell’ambiente. Prendetene atto, risparmiatevi le sedute dallo psicanalista. Siete diventato questo: una forza conservatrice.
Sanders, Clinton e la pena di morte
L’essere favorevoli alla pena di morte, per i sostenitori italiani di Hillary Clinton che affollano anche il Partito Democratico, è del tutto irrilevante. La pena di morte continua ad essere un argomento che si preferisce non toccare, da parte degli alleati fedeli. Evidentemente per loro va bene così.
Le scelte epocali che cambiano il mondo richiedono coraggio. Sanders ne ha da vendere.