L’articolo di Tommaso Labate, apparso ieri su Il Riformista, ci offre una lettura del risultato delle amministrative che rischia di essere molto, ma molto pericolosa. Labate non sembra nutrire timori per le strategie future del PD, timori di cui parla invece L’Espresso e che condivido in pieno. Certamente la leadership di Bersani è uscita rafforzata dal voto, e di ciò non possiamo che rallegrarcene, tutti. Però la leadership va anche esercitata, possibilmente non tra i commensali che siedono davanti al caminetto, ma avendo l’umiltà di capire ciò che gli elettori (reali e potenziali) del tuo partito vogliono. Cosa ci ha detto il voto nelle città italiane?
A Milano Mister X non era un candidato del PD. Nonostante ciò il PD è andato benissimo. Perchè? Perchè ha sostenuto senza esitazioni e con estrema lealtà un candidato non suo, forte dell’investitura delle primarie, del suo profilo fortemente civico e soprattutto di un progetto per la Milano del futuro che non prevede sconti sui temi che stanno a cuore all’elettorato del PD. Diritti, energie rinnovabili, mobilità, integrazione. Tutto ciò ha fatto si che si mobilitassero, finalmente, i giovani elettori , probabilmente attratti anche da un candidato con un profilo netto, oltre che mossi dal desiderio di chiudere l’esperienza fallimentare della giunta Bat-Moratti. Guarda caso è successo proprio quello che i “rottamatori”, Civati in testa, auspicavano da mesi, inascoltati. Ma buoni profeti. Appellarsi ad una questione puramente anagrafica, come fa Labate, è un esercizio di polemica sterile che non risponde alla domanda di rappresentanza che proviene dalla fascia più giovane della società, quella degli under 35, per intenderci. Il successo del PD a Milano indica una strada che il PD dovrebbe seguire, se non vuole rischiare di perdere le prossime elezioni politiche. Non conta l’età anagrafica, contano metodi e linguaggi, che non posso più essere quelli della nomenklatura. Ben venga anche un sessantenne, che però sappia parlare il linguaggio delle giovani generazioni, che sia libero dai condizionamenti delle correnti, che non sia incline ad inciuci terzopolisti. Allora mi chiedo: quanto c’è di Bersani, nel successo di Pisapia? Quanto il PD ha invece “subito attivamente” (passatemi l’ossimoro) un candidato non suo? Parlando semplicemente di linguaggio, qualcuno vuole paragonare la freschezza, l’ironia, la leggerezza dei messaggi elettorali pro-Pisapia con i manifesti commissionati del PD a livello nazionale? Siamo proprio sicuri che se il candidato a sindaco di Milano fosse stato Boeri, il risultato finale sarebbe stato lo stesso?
Credo che l’analisi del voto di Cagliari possa essere simile a quanto detto per Milano, con l’aggravante che il PD aveva schierato alle primarie un castosauro del calibro del senatore Cabras, giustamente trombato.
Napoli merita un discorso a parte, ma tutto si può dire tranne che il PD abbia vinto. E nella vittoria di De Magistris al ballottaggio c’è pochissimo del PD, se non l’impegno dei giovani democratici cittadini come Francesco & Francesco, in barba alla totale assenza del PD ufficiale. Azzerato, giustamente, dal voto. E sul quale Bersani deve darsi una sveglia. Come nelle altre regioni del Sud Italia.
A Torino Piero Fassino si è messo in gioco con coraggio passando per la sfida delle primarie e sfruttando al meglio l’abbrivio fornito dagli anni di buona amministrazione delle giunte di centrosinistra. Anche qui, senza l’apporto del Terzo Polo.
Niente Terzo Polo a Bologna, Trieste, Novara.
Guarda caso, insomma, si è vinto proprio tenendo la barra a dritta. Cose che i “rottamatori” dicono da mesi. Allora, Labate, forse da rottamare è la tua analisi, così superficiale e che indica percorsi che rischiano di portare il centrosinistra verso nuove sconfitte.
p.s. Ovviamente Labate fa dire a Zingaretti quello che più gli fa comodo. L’intervista completa la trovate qui.
Condivido in pieno e aggiungo: quanti iscritti o simpatizzanti del PD hanno “tradito” il partito alle primarie votando Pisapia, convinti che Boeri, (degnissima persona che si è comportato splendidamente collaborando attivamente al risultato) potesse non essere colui che avrebbe centrato l’obbiettivo? Da incoscienti, a lungimiranti. Tita
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condivido in pieno.
una sola domanda: ma chi lo legge il Riformista…?
Io direi: ma chi lo legge Tommaso Labate!