Bruce Springsteen è entrato nella mia vita nel 1984 e sta ancora qua, con me. Sempre grazie a Giorgio, che da Caserta spacciava nella mia camera audiocassette sulle quali era registrata pressoché tutta la musica che ha segnato la mia vita (all’heavy metal ci avrebbe pensato Francesco, che se n’è andato via troppo presto).
Ma Bruce qualcosa di oltremodo speciale.
A 16 anni strimpellavo le sue canzoni con Emiliano “belivin’ we could cut someplace of our own with these drums and these guitars” nella consapevolezza che “someday these childish dreams must end to become a man and grow up ti dream again”. E, ragazzi miei, è proprio così.
Sento Scooter come il fratello maggiore che non ho mai avuto, uno di quelli che c’è sempre quando ne hai bisogno. Per mezzo delle sue canzoni, che mi danno ESATTAMENTE le stesse emozioni (brividi, pelle d’oca, lacrime, gioia infinita) di 30 e un po’ anni fa.
In questi giorni è uscita la sua autobiografia. Non poteva che avere il titolo Born to Run.
Leggendo le sue stesse parole riesci a dare un senso ancora più profondo alla sua musica, alle sue storie, al suo dare tutto sul palco. Leggete qui:
Vi consiglio di leggerla la sua autobiografia. Che vi piaccia o no la sua musica. Capirete cosa spinge ancora quest’uomo di 67 anni a suonare per 4 ore e passa senza risparmiare un solo briciolo della sua forza. Capirete da dove viene quella forza. Da quale tormento, da quale autostima, da quale passato, da quale insoddisfazione, da quali mostri, da quali certezze. Quelle di tutto noi, in fondo.
Tre parole su tutte: cuore, amore, anima.
Sono felice di aver condiviso, negli anni, i suoi concerti con uno dei miei fratelli di sempre (abbiamo ascoltato mano nella mano The River a Napoli, a Milano, a Roma!), e sono contento di aver condiviso questo amore (your love is real, and our love is real too!!) con la mia famiglia.
Grazie Bruce, fratello mio.