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Ci crede davvero

Beh, ieri sera a Roma non è che facesse poi tanto caldo. Durante il giorno si, ma la sera c’è sempre un pò di brezzolina. L’aria rinfresca. E quindi no, non può essere stato il caldo a far dire a Rosy Bindi queste cose:

“I matrimoni omosessuali in Italia non potranno mai attuarsi”

“Con le vostre posizioni massimaliste scordatevi pure le unioni civili”

“Se non siete d’accordo, andate da un’altra parte, lasciate in pace il nostro partito”

Perchè poi uno ci prende la mano e di qui a dire:

“Con le vostre posizioni massimaliste scordatevi pure le primarie per i parlamentari e il limite dei tre mandati, se non siete d’accordo, andate da un’altra parte, lasciate in pace il nostro partito”

ci passa davvero poco.

Fioroni, eccoci

L’errore di fondo è pensare che persone che la pensano come Fioroni possano far parte del PD. Ciò detto, se non se ne va prima (e stapperei la bottiglia migliore che ho in dispensa) assieme ad un pò di clericofascisti che il PD si porta dietro come lascito del partito ecumenico che Veltroni aveva immaginato, allora ben venga la sua partecipazione alle primarie. Così forse saranno iscritti ed elettori a fargli capire che ha sbagliato partito. Perchè non credo che se ne farebbe una ragione.

La giustizia secondo Grillo

Quanto ai politici del passato, niente tribunali per gli eventuali reati, ma processi di piazza: «Abbiamo delegato dei truffatori che dovranno rispondere di quello che hanno rubato. Ce lo ricordiamo come siamo finiti nella crisi. Quindi i responsabili verranno giudicati e dovranno restituire i soldi che hanno rubato come i mafiosi. Ci sarà un giudizio pubblico. Concittadini estratti a sorte, incensurati, che diranno quali lavori socialmente utili far fare a questa gente che ha rovinato il Paese».

Il resto lo trovate qui.

Ha ragione da vendere, Cristiana.

Up patriots to arms

La fantasia dei popoli che è giunta fino a noi non viene dalle stelle
alla riscossa stupidi che i fiumi sono in piena potete stare a galla.
E non è colpa mia se esistono carnefici se esiste l’imbecillità
se le panchine sono piene di gente che sta male.

Cicciobello nasconditi

Della serie, querelateci tutti! E allora pubblico integralmente il post di Alessandro Gilioli sulla vicenda Lusi-Rutelli. Così saremo almeno due, eventualmente, ad essere chiamati in giudizio per aver pubblicizzato quanto contenuto nell’inchiesta de L’Espresso.

Ho letto più volte, e con molta attenzione, il comunicato con cui Francesco Rutelli ha reagito all’inchiesta di Primo Di Nicola ed Emiliano Fittipaldi.

E’ un documento impressionante di quello che è diventata la politica o, speriamo, una fetta della politica.

Prima di tutto, il merito.

Rutelli non nega – non può negare – la notizia di fondo: e cioè che la fondazione Cfs da lui fondata e presieduta ha preso una valanga di soldi dalla Margherita – Lusi tesoriere – a partire quando il medesimo Rutelli ha fondato il suo nuovo partito, l’Api.

Non so se ci sia un fatto giuridicamente rilevante in questo: so però che evidentemente i ‘rimborsi elettorali’ della Margherita, quando questa era già confluita nel Pd, sono serviti a finanziare le attività politiche di uno che dal Pd se n’era andato e aveva appena creato un partito concorrente e di un altro schieramento (il centro con Casini e Fini).

Allo stesso modo, Rutelli non può negare che Lusi, in quanto tesoriere della ex Margherita, ha versato un’altra valanga di soldi della ex Margherita a un comitato defunto da anni (Cento Città) di cui sempre Lusi era tesoriere: soldi che poi Centocittà ha passato alla fondazione di cui sopra,che a sua volta li ha girati alla neonata Api, che non li ha messi a bilancio.

In nessun passaggio del comunicato di Rutelli, notate bene, queste notizie vengono smentite.

Dice invece il leader dell’Api, parlando di sé in terza persona: «Rutelli non ha avuto personalmente neppure un centesimo dalla Margherita: ha svolto il suo incarico a titolo assolutamente gratuito».

E infatti il problema non è questo.

Il problema è il finanziamento (occulto) da parte della fu Margherita, via Lusi, alla fondazione di Rutelli e poi direttamente all’Api, mentre questa stava nascendo. E il secondo problema è che per quasi due mesi Rutelli ha sostenuto con veemenza di non aver mai preso un soldo da Lusi: una pubblica menzogna, a meno che non s’intendesse che non ha preso soldi privatamente, per usi personali.

Poi Rutelli dice anche che tutto è avvenuto «nel pieno rispetto delle regole e delle previsioni statutarie». Ed è vero, esattamente come Di Nicola e Fittipaldi hanno scritto: «Tutti i versamenti sono inferiori (spesso di poco) alla soglia dei 150 mila euro. Guarda caso, lo statuto della Margherita nel comma 7 delle sue “Disposizioni finali” prevede che durante la fase di costituzione del Pd “gli atti di straordinaria amministrazione e quelli di ordinaria amministrazione di importo superiore a 150.000 euro sono adottati congiuntamente dal Tesoriere e dal Presidente del Comitato Federale di Tesoreria”».

Quindi sono versamenti che hanno rispettato lo Statuto. Io direi aggirandolo, ma vedete un po’ voi.

Poi c’è il metodo.

Che è ancora più impressionante.

Non solo perché Rutelli accusa esplicitamente L’Espresso di aver preso parte al compimento di un paio di reati gravi (inquinamento delle prove e depistaggio!) ma soprattutto per quella frase finale: «L’Espresso (che ha ricevuto e riceve molti fondi pubblici), e quanti riportassero tali diffamazioni, saranno chiamati a rispondere in giudizio». Cioè, la minaccia di querela o causa civile non viene brandita solo verso la testata che ha pubblicato l’inchiesta, ma verso chiunque «riportasse tali diffamazioni».

Attenzione, perché è un salto di qualità, nelle intimidazioni dei politici: si minaccia chi parla dell’inchiesta dell’Espresso, chi ne riporta la notizia su altra testata o nel suo blog, probabilmente perfino chi la linka.

Insomma, è un’intimidazione universale.

Stamattina, alla macchinetta del caffè con Primo Di Nicola, si notava un po’ ridendo e un po’ no che se questa cosa l’avesse fatta Berlusconi saremmo già tutti in piazza.

Peggio di Borghezio

Indovina chi l’ha detto:

“Se introduciamo il criterio dello jus soli, ossia l’automatica cittadinanza italiana per chiunque nasca sul nostro territorio, rischiamo di trasformare l’isola di Lampedusa o il porto di Ancona o la stazione di Trieste nelle succursali della più clamorosa clinica ostetrica d’Europa.”

 

Ma parla per te

“Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà”.

L’impulso a dire qualsiasi cosa passi per la mente deve essere, per alcuni, irrefrenabile. Assistiamo, desolati, a dichiarazioni inopportune sul tema del mercato del lavoro che arrivano da tutte le parti. Leggendo quest’ultima massima, poi, il pensiero non può che andare a tante ragazze e ragazzi che lasciano le loro città, soprattutto al Sud, per studiare o per lavorare. Terre abbandonate perchè i loro figli migliori hanno perso le speranze di vivere nella città di mamma e papà senza dover sottostare al racket, senza dover chiedere al politico o al funzionario pubblico di turno una raccomandazione per avere qualsiasi cosa possa spettare di diritto ad un cittadino onesto. Una ennesima mancanza di sensibilità da parte di governanti illuminati che pensano di riassumere, con una battuta, un mondo pieno di sfaccettature, di drammi, di speranze. E se hanno un problema di comunicazione, stessero zitti o assumessero qualcuno che le spari meno grosse.  

Punti di vista

Le tasse sono giuste al 33%. Se vanno oltre il 50% allora è morale evaderle (Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio).

L’espressione ‘mettere le mani in tasca’ agli italiani è incompleta, perchè c’è chi, come gli evasori, mette le mani nelle tasche di altri italiani, i contribuenti onesti (Mario Monti, Presidente del Consiglio).

 

 

Peggio della Corea

Come nelle peggiori dittature, la rappresentazione agiografica vuole il leader giovane e nel pieno delle sue forze.

Secondo me, sul bigliettodicartastraccia ci stava meglio questa.

E poi che banalità, una moneta che si chiama lega. 10 leghe. 1000 leghe. Potevano chiamarla, che so, miglio. 1000 miglia. Oppure per celebrare il delfino potevano chiamarla trota. Una trota. 10 trote. 100, 1000, un milione di trote. No vabbè, uno basta e avanza.