Della serie, querelateci tutti! E allora pubblico integralmente il post di Alessandro Gilioli sulla vicenda Lusi-Rutelli. Così saremo almeno due, eventualmente, ad essere chiamati in giudizio per aver pubblicizzato quanto contenuto nell’inchiesta de L’Espresso.
Ho letto più volte, e con molta attenzione, il comunicato con cui Francesco Rutelli ha reagito all’inchiesta di Primo Di Nicola ed Emiliano Fittipaldi.
E’ un documento impressionante di quello che è diventata la politica o, speriamo, una fetta della politica.
Prima di tutto, il merito.
Rutelli non nega – non può negare – la notizia di fondo: e cioè che la fondazione Cfs da lui fondata e presieduta ha preso una valanga di soldi dalla Margherita – Lusi tesoriere – a partire quando il medesimo Rutelli ha fondato il suo nuovo partito, l’Api.
Non so se ci sia un fatto giuridicamente rilevante in questo: so però che evidentemente i ‘rimborsi elettorali’ della Margherita, quando questa era già confluita nel Pd, sono serviti a finanziare le attività politiche di uno che dal Pd se n’era andato e aveva appena creato un partito concorrente e di un altro schieramento (il centro con Casini e Fini).
Allo stesso modo, Rutelli non può negare che Lusi, in quanto tesoriere della ex Margherita, ha versato un’altra valanga di soldi della ex Margherita a un comitato defunto da anni (Cento Città) di cui sempre Lusi era tesoriere: soldi che poi Centocittà ha passato alla fondazione di cui sopra,che a sua volta li ha girati alla neonata Api, che non li ha messi a bilancio.
In nessun passaggio del comunicato di Rutelli, notate bene, queste notizie vengono smentite.
Dice invece il leader dell’Api, parlando di sé in terza persona: «Rutelli non ha avuto personalmente neppure un centesimo dalla Margherita: ha svolto il suo incarico a titolo assolutamente gratuito».
E infatti il problema non è questo.
Il problema è il finanziamento (occulto) da parte della fu Margherita, via Lusi, alla fondazione di Rutelli e poi direttamente all’Api, mentre questa stava nascendo. E il secondo problema è che per quasi due mesi Rutelli ha sostenuto con veemenza di non aver mai preso un soldo da Lusi: una pubblica menzogna, a meno che non s’intendesse che non ha preso soldi privatamente, per usi personali.
Poi Rutelli dice anche che tutto è avvenuto «nel pieno rispetto delle regole e delle previsioni statutarie». Ed è vero, esattamente come Di Nicola e Fittipaldi hanno scritto: «Tutti i versamenti sono inferiori (spesso di poco) alla soglia dei 150 mila euro. Guarda caso, lo statuto della Margherita nel comma 7 delle sue “Disposizioni finali” prevede che durante la fase di costituzione del Pd “gli atti di straordinaria amministrazione e quelli di ordinaria amministrazione di importo superiore a 150.000 euro sono adottati congiuntamente dal Tesoriere e dal Presidente del Comitato Federale di Tesoreria”».
Quindi sono versamenti che hanno rispettato lo Statuto. Io direi aggirandolo, ma vedete un po’ voi.
Poi c’è il metodo.
Che è ancora più impressionante.
Non solo perché Rutelli accusa esplicitamente L’Espresso di aver preso parte al compimento di un paio di reati gravi (inquinamento delle prove e depistaggio!) ma soprattutto per quella frase finale: «L’Espresso (che ha ricevuto e riceve molti fondi pubblici), e quanti riportassero tali diffamazioni, saranno chiamati a rispondere in giudizio». Cioè, la minaccia di querela o causa civile non viene brandita solo verso la testata che ha pubblicato l’inchiesta, ma verso chiunque «riportasse tali diffamazioni».
Attenzione, perché è un salto di qualità, nelle intimidazioni dei politici: si minaccia chi parla dell’inchiesta dell’Espresso, chi ne riporta la notizia su altra testata o nel suo blog, probabilmente perfino chi la linka.
Insomma, è un’intimidazione universale.
Stamattina, alla macchinetta del caffè con Primo Di Nicola, si notava un po’ ridendo e un po’ no che se questa cosa l’avesse fatta Berlusconi saremmo già tutti in piazza.
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