Chiunque abbia a cuore la verità, la giustizia e lo stato di diritto non può non vedere questo splendido film. E soprattutto non può non commuoversi, piangere, davanti all’agonia di Stefano, prima brutalmente picchiato dalle forze dell’ordine e poi lasciato morire dai medici mentre era nelle mani dello Stato, quello Stato nel quale i familiari di Stefano credevano e nel quale continuano a crederee a chiedere verità e giustizia
Il fato ha voluto che in questa settimana letture e visioni cinematografiche riguardassero lo stesso tema: i figli.
Silvia mi ha regalato “Io non so niente di te” di Paola Mastrocola, e al cinema ci siamo deliziati con Lady Bird.
Figli che non possono prescindere dal loro rapporto con i genitori, e genitori che troppo spesso danno per scontate un bel po’ di cose, immaginando che, dopotutto, i figli non siano altro la prosecuzione di loro stessi in altre forme. Linee che si pensavano rette, al massimo un po’ curve, e che invece si spezzano, si interrompono, prendono altre direzioni e non si può che prenderne atto, altro che provare a raddrizzarle.
Senza farla troppo lunga, non starò qui a svelarvi trame. Libro e film sono consigliatissimi, per provare e capirci qualcosa, o semplicemente per provare a fare meno danni possibile.
Un banale litigio tra due uomini, un cristiano ed un palestinese, diventa un caso nazionale che porta quasi ad una guerra civile, in un paese, il Libano, mai pacificato dopo le guerre che lì si sono succedute a partire dal 1975.
Alla fine i protagonisti mettono da parte un po’ del proprio orgoglio, ma soprattutto riescono ad immedesimarsi nelle tragedie del rivale e riescono così ad ottenere la pace, se non quella delle fazioni che si scontrano in campo aperto, almeno quella interiore. Indicando così la strada per tutti.
La storia del Libano è inscindibile dalle vicende che, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, squassano, devastano il Medio Oriente. Questioni complesse, che al di là dei torti e delle ragioni (che per me sono sempre stati chiari, almeno nella vicenda del popolo palestinese), vedono usare le persone, i popoli, a piacimento delle potenze mondiali a seconda delle convenienze del momento storico. Generando conflitti e le sofferenze, per tutti, che ne seguono. Però forse, se questa fosse la volontà di tutti, la strada della pace potrebbe essere imboccata più facilmente se le parti in causa iniziassero a chiedere scusa per quanto è stato fatto e così voltare pagina. Come è stato fatto in Sud Africa con la commissione per la verità e la riconciliazione fortemente voluta da Nelson Mandela.
Non è facile, ma anche in Medio Oriente i popoli hanno il diritto di vivere in pace, ciascuno sulla propria terra.
Non so quanti mesi erano che non andavo al cinema, ahimè, ahinoi. Però il cinema a natale è un must e allora pure in un cinema che su otto sale dava sette dico sette cacate uno se ne salvava. Le idi di marzo, di e con Giorg Clunei. Vabbè, io non sono un cinefilo incallito e quindi potrei essere smentito da chiunque vada al cinema più di me (ma vi giuro che fino a qualche mese fa ci andavo spesso, eh!) o sia un po’ più informato sulle novità. Però credo che Clunei sia l’unico che fa dei film alla Robert Redford, dei quasi docufilm che parlano di politica e dei presidenti degli iunaitedsteitsofamerica senza che ci siano terroristi o pazzi fottuti che sperano di ammazzare il presidente e fare delle stragi immani e tutte quelle belle cose che fanno tanto ollivud. Clunei critica e non poco il sistema ammerikano, già con gud nait end gud lac l’aveva fatto anche se lì era abbastanza semplice perchè prendersela con quel fascista di meccarti era come mettere la palla in buca da mezzo millimetro. Però sbertucciare l’ipocrisia dei politici, in questo caso americani, e democratici per giunta, gli riesce bene e devo dire che in certi momenti, quando clunei fa quel mezzo sorrisetto che gli aggrinzisce l’occhietto che fa tanto dottorross sembra quasi che faccia proprio capire al sistema quanto stia prendendo per i fondelli. Forse pure noi spettatori. Comunque il film è bello, tirato, e ti fa capire, se mai ce ne fosse stato bisogno, del ruolo dello staff in una campagna elettorale americana. Giovani fichissimi e spindoctors scafatissimi che aiutano un candidato a tirar fuori il meglio di sè. Molti giovani, poi magari ci si mettono di mezzo le storie di sesso ma quello è un dettaglio. Un incidente di percorso. Magari per il candidato no ma non è quello che volevo dire. Mi veniva da pensare allo staff di Bersani, a ai suoi spindoctors o gostvraiter e al polpettone di piazza san giovanni e allora forse non è che non sanno scriverli, i discorsi, è che magari Pigi ci rimette troppo le mani, altrimenti non si spiega. Poi mi veniva da pensare anche a Berlusconi e al fatto che se negli states ti scopi la staggista rischi di mandare a ramengo una campagna elettorale, da noi la metà della popolazione vorrebbe essere al suo posto e forse l’altra metà pure, ma non lo dice, anche se mettere Evanrascelvud con Nicolminetti è come mettere la seta e la lana, ma si sa, noi siamo provinciali. Ed è questo che colpisce, alla fine, cioè che con tutti i suoi difetti, le ipocrisie, le porcate, i ricatti, il popolo americano, riesce ancora a scegliere i propri politici con un criterio oggettivo, ossia la menzogna. Quando sono tanati, ovvio. Però, almeno quelli che votano, ci tengono al fatto che i propri rappresentanti siano limpidi come l’acqua. Forese esagerano pure, però non scindono l’essere un buon presidente o senatore o governatore dall’evadere il fisco o da insaccarsi senza dire nulla i contributi da una azienda X. Uguale a noi. Ma noi siamo provinciali.