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La parola a voi, democratici.

Dal momento che l’altra sera Bersani ha spiegato che le primarie da lui stesso indette non sono questione di sostanza (forse per via dei candidati, mah).

Dal momento che non ci è stato consentito di votare i nostri odg, sulla base di un non-regolamento – tautologicamente mai approvato – elaborato ad hoc.

Dal momento che qualcuno, come Fioroni, dice che lui ha vinto, che la partita è chiusa e che finalmente si va con l’Udc.

Dal momento che Rosy Bindi minaccia di “non togliere il disturbo fino alle prossime elezioni e oltre”, sostenendo che se non facciamo i bravi ci leva pure le unioni civili e possiamo anche levare il disturbo, noi.

Dal momento che, sempre Rosy Bindi, non sa contare i voti e i votanti, e forse per questo pretende che nelle sedi preposte non si voti affatto, mai.

Dal momento che tutto è rimandato, tranne che c’è sicuramente un candidato, e ci sono sicuramente i suoi comitati, e tutt’intorno si sviluppa un dibattito particolarmente poco interessante.

Tutto ciò premesso.

È venuto il momento (appunto) di trasformare il Pd nel partito degli elettori che avrebbe sempre dovuto essere.

Di superare formule, gherminelle e tric e trac e puntare dritti alla sostanza.

Di trasformare la retorica della partecipazione in qualcosa di reale e di concreto.

Per tutti questi motivi dichiariamo aperta la stagione referendaria del Pd, ai sensi dell’articolo 27 dello Statuto.

Cinque quesiti per evitare che gli elettori si consegnino definitivamente alle cinque stelle.

Cinque temi forti su fisco, diritti e matrimoni civili, ambiente, spesa pubblica e governo del Paese, da definire e precisare insieme, sotto il solleone, come un Sudoku democratico. Per poi passare all’azione, già da domenica.

Cinque referendum proposti e presentati dagli iscritti sulle questioni di sostanza (oh, yes), scritti e presentati in punta di diritto e quindi non precludibili, a cui potranno partecipare tutti gli elettori del Pd.

Cinque punti chiari per definire come sarà il progetto politico del nuovo centrosinistra.

Noi ci proviamo, e lanciamo l’appello a tutti gli uomini e le donne democratiche e di buona volontà, perché è un’impresa mai tentata prima, e perché o ci proviamo insieme, o meglio lasciar perdere.

Ci state? Facciamolo.

Tutto il resto lo trovate qui.

Stavolta non succederà

Sabato saremo di nuovo a Roma per l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico. “Di nuovo” si fa per dire, perché non si può certo dire che l’assemblea venga riunita di frequente né, soprattutto, che quella sia una sede solita di deliberazioni sugli indirizzi del partito. Fin qui, la gran parte delle decisioni sono state prese altrove, o non sono state prese affatto.
Sfogliando a ritroso l’album dei ricordi, ci siamo resi conto che è ormai da quasi due anni che cerchiamo di far dire al Pd una parola chiara sul ruolo dei suoi elettori, e sui meccanismi di partecipazione che vorremmo li coinvolgessero per colmare, almeno in parte, un gap sempre più evidente tra politica e cittadini, soprattutto per quel che riguarda la scelta dei rappresentanti e la necessità di tamponare l’infame legge elettorale in vigore.
Un impegno che abbiamo portato in assemblea, ma anche in Direzione Nazionale, ma anche nei circoli, nelle Feste del Pd, in tante iniziative organizzate da Prossima Italia o da altri. Sì, perché nel frattempo altri si sono aggiunti, e su quei temi hanno saputo convergere culture e sensibilità diverse che spesso – purtroppo – nel Pd fanno fatica a convivere, o anche solo a parlarsi. E questo ci rende orgogliosi, perché non è stato semplice, anche se è stato meno complesso di quanto possa sembrare: aldilà delle dichiarazioni di sparuti e ormai molto autoreferenziali top-manager della macchina partito, ormai quella necessità di allargare la partecipazione nel Pd è sentita da tutti, e sui territori in modo particolare, spesso unanime alla faccia delle divisioni correntizie. E che una federazione regionale come quella dell’Emilia Romagna – non certo un covo di rottamatori – abbia ormai sposato le primarie come metodo di scelta per i prossimi parlamentari ne è un segno clamoroso.
Può il vertice del partito continuare a ignorarlo? Due anni fa, e a dire il vero ancora poco più di un mese fa, nel corso della penultima Direzione Nazionale, abbiamo accettato di ritirare le nostre proposte di fronte alla prospettiva di poter correggere il Porcellum con una legge nuova e migliore. Ancora l’ultima volta, Bersani aveva indicato tre settimane come il termine di tempo oltre il quale una decisione si sarebbe imposta da sola: ne sono passate molte di più. Sei mesi fa aveva parlato di 90, massimo 120 giorni. E ieri l’ultimo monito è arrivato addirittura da Napolitano, cui è seguita la mobilitazione urgente per approvare una legge, fosse anche per stretta maggioranza. Nel frattempo, le ipotesi sui singoli sistemi sempre più fantasiosi e poco comprensibili si sono affastellate e contraddette, una dopo l’altra, e solo un paio di giorni fa Anna Finocchiaro ha coniato l’ossimoro secondo cui “il Pd è per restituire ai cittadini il diritto di scegliere i parlamentari”, “ma non con le preferenze”.
La confusione è grande sotto il cielo, e la situazione è tutt’altro che eccellente, in compenso il tempo inizia a mancare. Così, sabato, torneremo alla carica, questa volta con tre ordini del giorno distinti.

Il primo, quello sulle primarie per i parlamentari, che è sostanzialmente la riproposizione di quello già presentato in gennaio. E’ molto circostanziato, anche sui termini regolamentari, oltre che sulle scadenze, perché pensiamo che il Pd debba prendersi un impegno ben definito, e perché quel lavoro sulle regole che abbiamo fatto mettendo insieme le diverse sensibilità del partito, nel tempo, è diventato patrimonio di quei molti territori che sullo stesso tema hanno voluto deliberare positivamente, e lanciare così un segnale inequivocabile.

Il secondo, quello sul limite di tre mandati indicato dal nostro statuto, l’odg chiede non solo che la norma sia rispettata – e non è così banale come dovrebbe – ma anche che la quota di deroghe, pari al 10 per cento del numero di eletti alle precedenti politiche, venga motivata per scritto, una per una, dai richiedenti, e discussa apertamente in Direzione, in base a regole certe e senza automatismi, accordi sottobanco o deliberazioni formalizzate a cose già fatte e decise altrove.

Il terzo, quello sulla scelta del candidato premier, si basa né più né meno che sulle parole pronunciate da Bersani nella sua relazione, regolarmente approvata in direzione. E quindi: una scadenza certa per la definizione delle regole, perché questo clima di incertezza non fa bene al partito; l’apertura, come indicato dal segretario, a più candidature espresse dal partito; la garanzia che vi possano partecipare tutti i nostri elettori, senza l’aggiunta di pre-iscrizioni o di albi, esattamente come si è fatto in precedenza.

I tre documenti – a cui hanno lavorato e aderito, tra gli altri, Salvatore Vassallo e Sandro Gozi – sono disponibili e scaricabili in pdf ai link sopra riportati, chiunque li può diffondere. Le sottoscrizioni dei delegati devono avvenire il giorno stesso dell’assemblea, sabato, e chi volesse firmare può quindi cercarci in quella sede.

Quando mancano ormai pochi mesi alle elezioni, nessuno sa dire se veramente questa legge elettorale sarà cambiata (pare improbabile, comunque), e soprattutto se il cambio avverrà in meglio. Quanto alla scelta del candidato premier, l’ipotesi che il Pd si presenti a sostegno di un Monti bis sostenuto da una coalizione – pare – leggermente modificata è decisamente sul tavolo, e minaccia di togliere agli elettori anche quest’ulteriore esercizio democratico, oltre ad aprire problemi politici di ulteriore complessità; nel frattempo i mesi passano, e a un certo punto inizierà la campagna elettorale (e con essa, la compilazione delle liste): il consenso che a torto o a ragione avevamo accordato – forse con ingenuità, ma con speranzoso rispetto del partito – a rimandare ulteriormente queste semplici e sentite decisioni, e insomma a ritirare i nostri odg in attesa che altrove si sciogliessero i nodi fin qui descritti, questa volta non lo daremo più. Perché c’è un problema di tempi, e perché il dibattito e le dichiarazioni dei singoli non sembrano promettere nulla di buono. Senza offesa.
Insomma, possiamo facilmente prevedere – non per mancanza di fiducia, ma semplicemente basandoci sui precedenti – che anche questa volta ci sarà un dietro le quinte in cui ci verrà insistentemente chiesto di ritirare i nostri documenti, e di non farli votare. Non succederà.

Prossima Italia, qui.

Magari…sabato…assemblea…risposte…

E quindi no, molto probabilmente Letta non potrebbe ufficialmente smentire che il Pd, alle prossime politiche, possa davvero finire per allearsi con Fini. Quanto questo circuito impazzito di dichiarazioni e di incertezze possa far male al partito, è banale. Il grillismo, l’astensionismo, la crisi economica fanno da contorno di una situazione in cui sarebbe meglio non mandare segnali contraddittori, per rivolgersi al Paese con un messaggio forte, chiaro.
E, visto che la discussione occupa tutti i giornali, tutti i giorni, sarebbe il caso di portarla proprio in sede di partito, ad esempio nell’assemblea nazionale che si svolgerà tra una settimana a Roma. Sarebbe la sede perfetta per farsi tutte le domande, e magari uscirne, se non con tutte, almeno con qualche risposta.

Il resto, qui.

Lotta alla corruzione e trasparenza amministrativa (a Minturno)

Durante la scorsa campagna elettorale avevo evidenziato più volte come la maggior parte dei candidati stesse mostrando uno scarso rispetto per la Città di Minturno, ricoperta di manifesti abusivi che, oltre a deturpare l’ambiente, denotavano anche un dispendio di risorse economiche sicuramente non in sintonia con le difficoltà che strati sempre più vasti  della cittadinanza continuano a soffrire sulla propria pelle. Avevo quindi formulato l’auspicio che, terminate le elezioni, fossero resi pubblici i rendiconti delle spese sostenute dai candidati alla carica di Sindaco e di consigliere comunale. Tale auspicio, peraltro, aveva raccolto il consenso di più di un candidato, evidentemente sensibile nell’assicurare la dovuta trasparenza tanto nei finanziamenti ricevuti quanto nella corretta fatturazione delle spese sostenute. A poche settimane dall’insediamento del rinnovato Consiglio Comunale della nuova Giunta Comunale chiedo quindi al Sindaco, agli assessori, ai consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione di rendere pubblici, sul sito del Comune, i dati relativi alle spese sostenute durante la campagna elettorale appena conclusasi. Chiedo inoltre che siano rese pubbliche le dichiarazioni dei redditi degli amministratori Comunali nonchè dei consiglieri di maggioranza e di opposizione. Infine, in ottemperanza a quanto previsto dal Protocollo di Canossa, un documento redatto al termine di una giornata di studio e confronto sul tema della corruzione e della trasparenza amministrativa organizzato da Prossima Italia nel mese di Marzo, chiedo di rendere pubblici, attraverso il sito del Comune, consulenze, collaborazioni, appalti e subappalti e che sia promossa la nascita di una whitelist di operatori economici dotati dei necessari requisiti di moralità professionale e quindi di condizionare l’aggiudicazione degli appalti al rispetto di detti requisiti: i soggetti dovranno, cioè, comunicare in modo trasparente la composizione della compagine societaria, compreso il casellario giudiziario dei titolari e dei soci, i bilanci dell’ultimo anno di attività, l’elenco di tutti i fornitori e subappaltatori.  Assicurare la trasparenza degli atti amministrativi e porre in essere quei controlli atti a prevenire qualsiasi forma di fenomeno corruttivo è una necessità non più eludibile per chi si occupa della cosa pubblica, se davvero si vuole provare a recuperare la fiducia dei cittadini nei riguardi politica, fiducia mai a livelli così bassi come nel tempo che stiamo vivendo.

 

Tra i due litiganti

Mentre è in atto il primo round (o forse siamo già all’ennesimo) della sfida a distanza tra Bersani e Renzi, tra convention dei circoli e big bang degli amministratori, qualche riflessione sorge spontanea. Primo: la radicalizzazione dello scontro farà solo morti e feriti. Non sono un renziano, ho aderito con entusiasmo alla Prima Leopolda pur avendo ben presente il fatto che la personalità di Renzi, più portato a giocare in prima persona che di squadra, avrebbe potuto causare dei problemi al sodalizio con Prossima Italia. Problemi che effettivamente ci sono stati e che hanno portato Matteo e Pippo a dividere le proprie strade. Ma, al di là dei problemi personali tra dirigenti emergenti del PD, la proposta politica di Renzi, pur contenendo alcune idee condivisibili, si fa portatrice di un modello a mio avviso di stampo neo-liberal-socialista, un Blairismo in salsa fiorentina che rischia di acuire quei conflitti presenti in seno alla società italiana (vedi alla voce Marchionne, alla voce dipendenti pubblici) che vanno regolati con senno e non con l’accetta. Da non-renziano, però, trovo indecente la campagna di denigrazione che Renzi sta subendo, completamente incentrata su questioni che nulla hanno a che vedere con il confronto politico. Insulti, insinuazioni, accuse di flirtare con il centrodestra. E via dicendo. Ma qualcuno che si occupi di discutere delle sue proposte, da contrapporre, eventualmente, al modello “conservatore” Bersaniano? Meglio di no. Meglio aggredire chi non si riconosce nella linea del segretario con espressioni del tipo traditori, mentecatti, fighetti, rosiconi. A distanza di 5 anni dalla sua fondazione ecco cosa rischia di rimanere, del PD. Fazioni che si scontrano a botta di insulti, pezzi di partito che stanno sotto lo stesso tetto ma vivono da separati in casa. Che desolazione. Tutto ciò rende evidente, a mio avviso, la necessità di proporre una terza via.  Che abbandoni le titubanze di questi anni e le sirene neoliberiste. Una terza via che rappresenti, semplicemente, quello che molti cittadini speravano quando hanno contibuito a fondare il PD. E che riesca ad abbassare i toni e a parlare di politica.

10 cose buone

Domani esce su carta il libro di Pippo.

A me piace ancora avere tra le mani il volume, sfogliare le pagine, odorarle. Ma chi volesse comprare la versione ebook, può andare qui. Poi mi fate sapere.