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Rimborso, finanziamento, nulla o cosa?

Sia chiaro: l’attuale sistema di finanziamento pubblico ai partiti o di finanziamenti camuffati da rimborsi (che ricordo esistere, comunque, nella maggior parte dei paesi europei) non mi piace e va cambiato. Ci sono varie proposte in campo, e una che potrebbe funzionare è la variante Civati all’ipotesi Tocci, nel giorno in cui i “renziani” presentano la loro proposta di legge per abolire i rimborsi ai partiti. Pur apprezzando la trasparenza nell’indicare i finanziatori, il “sistema Renzi” non mi convince fino in fondo. Perchè si finanzia una persona e non un partito in occasione delle campagne elettorali, e al netto del taglio, per certi versi necessario,  alle persone che “vivono” di politica (spesso con stipendi assolutamente in linea con impiegati statali, peraltro), la politica vive tutto l’anno, non solo in campagna elettorale. E perchè non si eliminano i rischi di pressioni lobbystiche. E poi, se la campagna elettorale costa meno delle donazioni ricevute, i soldi si restituiscono ai donatori?

A mio modestissimo avviso

Sinceramente non mi sembra normale chiamare un altro tecnico per aiutare il governo di tecnici a definiere la spending review.

Sinceramente non mi sembra normale che i cittadini debbano segnalare al governo gli sprechi via web.

Sinceramente non mi sembra normale pensare di tagliare ancora su scuola e giustizia.

Sinceramente non mi sembra normale chiamare Giuliano Amato come consigliere del premier per il finanziamento ai partiti.

Sinceramente.

Porcellum, maialinum, macellum, bersanellum. In sintesi, schifìum.

Della riforma-truffa della legge elettorale ne parla anche Pippo, qui.

Dal conflitto d’interessi, insomma, siamo passati alla convergenza di interessi. Ne beneficiano tutti: quelli in crisi di consenso (come Alfano), quelli dalla coalizione perennemente incerta (Bersani), quelli che si ritroveranno con pochi voti, come al solito, ma nelle condizioni di determinare gli equilibri del nuovo governo e di prendersi tutto il cucuzzaro (Casini).

Del resto, il ritorno in grande stile dei personaggi che hanno calcato le scene in questi anni, in tutti gli spazi disponibili, ci dice anche che nessuno crede a una legislatura di rigenerazione, ma piuttosto a una legislatura che si regga sul patto tra forze politiche già esistenti (e i loro attuali rappresentanti).

Perché siamo tornati indietro di vent’anni, è chiaro?

Quindi, niente più bipolarismo, niente revisione sostanziale del bicameralismo (si parla di un pasticciatissimo «bicameralismo eventuale»). Però i partiti potranno indicare sulla scheda il nome del candidato premier. Salvo poi sceglierne un altro, se nessuno dei partiti dovesse avere la maggioranza.

E pensare che il Pd era nato per un bipolarismo forte (addirittura un bipartitismo, in una prima fase), che non ci piaceva più l’indicazione del premier sul simbolo, che tenevamo moltissimo alla governabilità e che soprattutto volevamo offrire ai cittadini impegni chiari, nitidi e inequivocabili prima delle elezioni (non gli accordi di Palazzo dopo le consultazioni). E per quanto riguarda la nostra famosa linea, si rileva che in due anni siamo passati dall’uninominale a doppio turno, al modello ungherese, a quasi sostenere (ma senza troppa convinzione) il ritorno al Mattarellum e, infine, a un proporzionale leggermente corretto.

Quanto alle scelte dei cittadini rispetto ai loro rappresentanti, le liste saranno bloccate, e non ci saranno preferenze. Secondo voi, i candidati, chi li deciderà?

A sentire il Franceschini di ieri, e il suo violento attacco alle primarie per scegliere i parlamentari, saranno quelli come Franceschini.

Nascere o morire

Da quel che si può leggere sui giornali, la proposta di riforma del mercato del lavoro, formulata dal governo e accettata da tutte le parti sociali tranne la CGIL, presenta aspetti positivi (pochi) e aspetti negativi (molti). La semplificazione nella jungla dei contratti atipici e la trasformazione dei contratti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato dopo 36 mesi è un passo in avanti anche se, quasi sicuramente, la maggiore tassazione dell’1,4 % finirà per essere scaricata sulle retribuzioni. Resta da sciogliere il nodo delle finte Partite IVA, e non mi sembra che possa essere sufficiente l’impegno del governo e delle parti sociali ad un impegno per un “contrasto secco” al fenomeno. Buona anche la sperimentazione sulla paternità obbligatoria. Ciò che, ovviamente, è inaccettabile, è la riforma dell’articolo 18 (a parte l’estensione del diritto al reintegro in caso di licenziamento per motivi discriminatori alle aziende con meno di 15 dipendenti). Non c’è alcuna evidenza, da un punto di vista economico-scientifico, del nesso tra l’articolo 18 nella sua attuale formulazione e la ritrosia delle aziende ad assumere. Sono chiacchiere. L’articolo 18 rappresenta un elemento di civiltà per il semplice fatto di stabilire che un diritto, come quello al lavoro, non è monetizzabile. Punto. Non ci sono 15 o 27 mensilità di indennizzo che tengano. Nel dibattito in corso negli ultimi mesi il concetto onnipresente era quello di spostare la tutela dal posto di lavoro al lavoratore. Mi sembra che in questo modo si sacrifichino sia l’uno che l’altro.

Ma al di là del merito del provvedimento, passibile di modifiche più o meno sostanziali nell’iter di approvazione in Parlamento, ciò che colpisce è il metodo. La concertazione è oggi vista come un disvalore, il male assoluto. Il centrosinistra e il PD hanno osannato per anni il modello Ciampi, portato ad esempio di come coniugare riformismo, rigore economico e pace sociale. Monti e il governo si sento tronfi per aver imposto un modello di riforma senza il consenso della CGIL. Uguale a Sacconi. E infatti il PDL esulta.

Il Partito Democratico deve decidere (e sarà costretto a farlo nel corso del dibattito parlamentare che seguirà alla presentazione della riforma), se la coesione sociale debba essere ancora un principio ispiratore della propria azione politica o se, invece, quel tempo è definitivamente tramontato. E con esso l’idea di PD che molti di noi hanno coltivato. Sempre che sopravviva, il PD, a tutto ciò.

Emicranium

Provate a leggere questo articolo apparso su Europa a firma di Caludio Petruccioli. Io non c’ho capito una mazza. E ditemi se il dibattito sulla legge elettorale può ridursi a calcoli matematici che garantiscano il culo a questo o a quel partito, o coalizione. Anni fa si diceva: eleggiamo il Sindaco d’Italia! Quando molti erano d’accordo sul fatto che il sistema a doppio turno potesse essere quello adatto per consolidare e salvaguardare il bipolarismo. Già, il bipolarismo. Una bestemmia, ai giorni d’oggi.