Sarò sincero: ho riflettuto non poco se valesse la pena o meno rispondere all’articolo di Michele Camerota apparso su alcuni giornali on-line. Articolo nel quale si prende spunto dalle dimissioni di Cristiana Alicata, dirigente regionale del PD, a seguito della sua denuncia di episodi poco chiari che si sono verificati durante le primarie per la scelta del candidato a sindaco del centrosinistra a Roma per attaccare, ancora una volta il sottoscritto. Un attacco vigliacco, visto che Michele Camerota non ha nemmeno il coraggio di scrivere il mio nome (“un dirigente provinciale in dissenso con la linea del partito”). Ma alla fine, seppur con rammarico, ho deciso di rispondere a questa ennesima provocazione non tanto per stabilire un torto o una ragione (ciascuno può farsi una propria opinione sulle vicende evocate nell’articolo e sulle scelte conseguenti, tanto le mie personali quanto quelle che riguardano l’amica Cristiana che, tra l’altro, non ha bisogno di avvocati difensori), ma quanto per smascherare l’ipocrisia di chi si erge a strenuo difensore del Partito e della militanza politica, di chi accusa quelli che “pensano che un partito sia esclusivo mezzo di propaganda per le proprie idee” e nel contempo utilizza la politica stessa per l’ottenimento di un posto al sole per sé o per la propria famiglia. Nulla di nuovo, direte voi. Il “familismo amorale” è un male che caratterizza la società italiana: nella ricerca, nell’università, nel commercio, nell’industria ne abbiamo fulgidi esempi e la politica non è esente da questo morbo. Tali comportamenti, orientati al conseguimento di vantaggi personali, hanno alimentato la disaffezione dei cittadini nei confronti dei partiti politici tradizionali e, più in generale, il senso di repulsione verso la politica. I risultati di questi comportamenti scellerati sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti, in questi giorni tanto difficile per il nostro Paese.
Quindi condivido con chi mi legge questa riflessione: se sia più deleterio, per la vita di un partito, scrivere lettere di raccomandazione per un proprio congiunto al fine di ottenere una candidatura in consiglio regionale (sulla base di una presunta rappresentatività, limitata nella realtà a pochi intimi), o bussare a qualche porta per elemosinare un posto in direzione provinciale (salvo poi additare come nemico del popolo chi non ha voluto aprirla, quella porta) o, ancora, alimentare il correntismo fondato sull’appartenenza ad un gruppo senza che le personalità che ne fanno parte sentano, per anni, la necessità di elaborare uno straccio di proposta politica, piuttosto che esprimere a viso aperto il proprio dissenso rispetto a scelte politiche “discutibili” (vivaddio!) e proporre strade diverse rispetto a quelle già percorse. A questo proposito mi scuso se sono costretto a parlare della mia persona, ma imputare al sottoscritto di aver “contribuito in maniera decisiva alla sconfitta del PD” e di Gerardo Stefanelli alle passate elezioni comunali svolte a Minturno è un’affermazione offensiva nei riguardi dell’intelligenza di scrive e di chi legge. Troppo impegnativo fare autocritica ed ammettere che il progetto era perdente in partenza perché costruito sulla subalternità del Partito Democratico rispetto all’UDC (per espressa incapacità o, peggio, disinteresse della segreteria provinciale nell’imporre all’alleato elementi di rottura con il passato) nonché su una persona dal passato politico controverso (giovane non è sinonimo di nuovo, ahimè). Ma il metodo, mafioso e stalinista, è il medesimo utilizzato per demolire l’amica Cristiana. Si guarda al dito e non alla luna. Si allude. Si mettono all’indice i nemici per provare a togliere loro il terreno da sotto ai piedi. Per isolare. Ma si rassegni Michele Camerota. Esistono ancora persone che fanno politica per pura passione e non per tornaconto personale. Persone che provano a rendere il Partito Democratico aperto, contendibile e trasparente, anche da posizioni di minoranza. Perché a volte le minoranze riescono a diventare maggioranza, semplicemente con la forza delle idee. E le cose cambiano non denunciando chi vuole cambiarle, ma semplicemente cambiandole.
p.s. “sulla vicenda Alicata” sottoscrivo ogni parola di Ivan Scalfarotto
p.p.s. Michele Camerota mi ha tolto l’amicizia su FB. Un gesto estremo, ai tempi della rete. M sopravvivo, tranquilli.