All’indomani dell’11 settembre mi colpì una dichiarazione, non ricordo bene ma credo fosse del vescovo di Chicago o qualcuno del genere, che disse più o meno:
l’America ha spesso un comportamento odioso nei confronti di altri Paesi, non meravigliamoci se poi qualcuno odia l’America e tal punto da fare quello che è stato fatto.
Israele si comporta allo stesso modo.
Ho già parlato del diritto sacrosanto, intangibile, del popolo di Israele a vivere in pace.
Ma per preservare questo diritto Israele utilizza sempre, sempre, sempre, mezzi spropositati rispetto ai pericoli, reali o potenziali, ai quali il suo territorio, la sua popolazione è sottoposta.
A leggere le cronache di guerra nessun missile sparato da Hamas ha raggiunto il territorio Israeliano, tutti abbattuti dal sistema di difesa missilistico.
Quindi nessun civile Israeliano ha persa la vita dall’inizio del conflitto, a parte i tre poveri ragazzi rapiti e giustiziati da cellule fondamentaliste impazzite che consideravano persino Hamas troppo moderata.
Di contro più di cinquecento palestinesi sono rimasti uccisi dai bombardamenti su Gaza City.
I morti sono morti, e il dolore è dolore.
Ma la conta è costantemente sbilanciata a sfavore dei più deboli: bambini, donne, anziani, civili.
La forza di un Paese, militare e morale, si misura anche dalla capacità di fermarsi.
Invece Israele non si ferma. Sa che ci sono gli scudi umani colpisce lo stesso. Sa che ci sono ambulanze per strada a raccogliere feriti ma colpisce lo stesso.
Sa che ci sono ospedali che scoppiano di feriti, di volontari, ma colpisce lo stesso.
Ci sono le richieste dell’ONU, ma Israele non si ferma.
In passato ci sono state risoluzioni dell’ONU che Israele ha impunemente disatteso.
Altre guerre, altri interventi, sono invece nati accampando la scusa di risoluzioni ONU disattese.
Quale credibilità hanno le istituzioni mondiali se vale la legge del più forte?
Eccoli i comportamenti “odiosi” di cui parlava il vescovo di Chicago, o chi per lui.