Resto sempre abbastanza impressionato dagli articoli in cui si ricorre a paragoni biblici e a citazioni per addetti ai lavori al fine di convalidare tesi che non fanno altro che avvitarsi su se stesse. Tipo l’articolo di oggi di Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera. Gli elettori vanno ascoltati, per carità, ma solo teoricamente. Basta farsi condizionare dagli umori della base! Certo, il PD non è che abbia brillato, fino dalla sua fondazione, nel saper ascoltare il proprio elettorato.
Si omette però, nell’articolo, di dire una cosa essenziale: le cosiddette classi dirigenti che oggi ci governano hanno ricevuto, ciascuna dal proprio elettorato, un mandato opposto rispetto a quello per il quale Stella chiede il coraggio di decidere (certo può apparire tardiva, da parte di alcuni, l’attenzione che viene rivolta alle opinioni della propria base).
“Ma una vera classe dirigente, come dice la parola stessa, deve sapersi assumere le proprie responsabilità e mettersi alla guida dei processi storici. Anche a costo, talvolta, di fare scelte al momento impopolari. Se pensa che siano giuste. Sennò, se si accoda via via agli umori (per di più dettati da passioni partigiane) è una classe «accodante». È il succo della democrazia: chi viene eletto è eletto per fare delle scelte. Spiegarle. Difenderle. Se sono buone, il tempo gli darà ragione.”
Secondo me il succo della democrazia è rispettare il mandato per il quale si è stati eletti (per Stella sono passioni partigiane) e non chieder voti per una cosa e andare in parlamento a farne altre. Tipo un governo con il PDL. Tipo il Presidenzialismo. Tipo la legge Ac/70. O non fare cose per le quali si è chiesto il voto. Tipo la legge contro la corruzione. O il conflitto di interessi. O combattere l’evasione fiscale. O spostare la tassazione dal lavoro al patrimonio. O peggiorare la riforma Fornero.
Sono lontani i tempi del libro che ha reso famoso Gian Antonio Stella. Da fustigatore della casta a sponsor del governo che tiene in piedi il sistema che ha generato la casta stessa.