L’arrampicata sui vetri, con tanto di rumore di unghie che ti fanno drizzare i peli sulle braccia, appare come lo sport più praticato in certi ambienti turbo-renzian-democratici.
Prendete il referendum sulle trivelle. Loro stanno lì con il ditino alzato, e ti ricordano che non si tratta di fermare nuove trivellazioni (il fantasmagorico governo del fare ne ha già bloccate di nuove, oltre le 12 miglia!!!), ma semplicemente di non rinnovare la concessioni alla loro naturale scadenza per le prospezioni entro le 12 miglia. E ti ricordano che che le risorse che un domani non estrarremo dai nostri mari dovremo comunque acquistarle, e quindi la situazione globale dal punto di vista dell’impatto ambientale non cambia, anzi peggiorerà. La cosa più stupefacente è che lamentano la politicizzazione del referendum, cosa che abbaglierebbe le masse distogliendole dal merito del quesito. Ora, che i più strenui difensori del premier che più nella storia sta politicizzando un quesito referendario (quello sulla riforma Costituzionale), per legare il suo destino ad un passaggio democratico che allontana i riflettori dal merito della riforma, vengano a formulare una tale osservazione, beh, è davvero tragicomico. Ma si sa. I turborenziani perdono qualsiasi freno inibitore, quando si tratta di difendere le scelte del loro capo.
Lamentano, udite udite, la possibile nascita di una grande coalizione sociale che si batta per le fonti di energia rinnovabili. Come sei i referendum, storicamente, non abbiano contribuito a creare una coscienza collettiva, un dibattito nel Paese che ha consentito di mutare i paradigmi sui quali si fondava la società fino al loro svolgimento, tipo i quesiti su aborto e divorzio.
E quindi? Ben venga che i referendum NO-Triv, al di là del merito del quesito, contribuiscano a definire verso quale modello di sviluppo vogliono tendere, con le loro scelte, i cittadini. E non mi sembra nemmeno una questione troppo tecnica, dopotutto. Il senso del referendum è rinnovabili si, rinnovabili no. Come fu per il referendum sull’acqua pubblica. Si o no. Che poi decidiate anche voi di fregarvene del voto degli italiani, beh, non mi stupisce.
Infine, si dice che il SI al referendum comporterebbe l’acquisto di risorse energetiche non estratte dai giacimenti italiani d altre parti, per 5 miliardi di Euro. Ecco, forse sarebbe il caso investire davvero in fonti rinnovabili per evitare di dover ricorrere ancora a petrolio o gas per soddisfare i nostri bisogni energetici. Tipo iniziando ad installare il fotovoltaico sugli edifici pubblici cercando di non consumare suolo agricolo per l’installazione di nuovi impianti.
Troppo difficile per chi ha seppellito, con il PD, anche qualsiasi riferimento alla difesa dell’ambiente. Prendetene atto, risparmiatevi le sedute dallo psicanalista. Siete diventato questo: una forza conservatrice.