Quando si dice unire, e non dividere. E donarsi al PD, e donare al PD proposte, idee, soluzioni. Biologia, per dirlo alla Ilda. E che a Roma, sabato, sul palco ci siano tutti, ma proprio tutti, e alla moschettiera, uno per tutti e tutti per uno. Per il Paese. E anche per togliere fiato a chi nelle nostre divisioni, vere o presunte, ci sguazza. Non c’è altra strada, per il PD, che quella indicata da Pippo, sennò non rimarrà nè la forza nè la voglia di impugnarli, quei forconi. Un pezzo del PD c’è: che sia così per tutti.
Il momento è di quelli in cui serve la politica, come poche altre volte nella vita, potremmo dire. La politica. Quella buona. Quella che include e che decide. Che non si divide tra questo o quello, ma che rappresenta un Paese.
La mia domanda è semplice: ci sono un sacco di persone che bussano alla porta, che faticano ad ammetterlo ma sanno che il Pd può essere il principale (se non l’unico) strumento di democrazia e di cambiamento. Che si aspettano molto da noi e che non vogliono più essere tradite dalle nostre incertezze, dalle fughe in avanti di qualcuno ai passi indietro di altri.
Il mio augurio è che il Pd si apra, ora o mai più. Che accolga i progetti di cambiamento, che colpisca i privilegi (innanzitutto i propri, potremmo dire), che dia un messaggio di sobrietà, di capacità e di umanità. Che sia più leggibile, perché non interessa a nessuno sapere quali sono le correnti, ma quali sono le proposte. E soprattutto il progetto complessivo di Paese che abbiamo in mente. Che sappia trovare parole d’ordine e campagne, e che promuova, a tutti i livelli, occasioni di incontro e di dibattito.
L’Italia non ha più niente da perdere, se non se stessa. E definitivamente. E il Pd dovrà poter raccontare ai suoi figli che c’era. E che non dormiva, se non per far sognare qualcosa di diverso.