Oggi vi segnalo questo commento di Natalia Aspesi. E a pensare a come sono trattate le donne in questo paese mi viene rabbia, perchè le donne dovrebbero essere progressiste (non parlo di destra e sinistra) per definizione. Dovrebbero ribellarsi all'uso che viene fatto del loro corpo, della loro sofferenza. Imposizioni che vengono quasi sempre da uomini che del mondo femminile non capiscono un tubo, siano essi preti, puttanieri settantenni o giovani governatori leghisti.
Potevano essere altri, più fiammeggianti e costruttivi, più remunerativi e sperati, insomma vere proposte di libertà, i primi solenni impegni presi dagli scalpitanti nuovissimi governatori del povero Nord che si avvia malconcio a precipitare nella Padania. Roberto Cota e Luca Zaia, due non brutti giovanotti in cravatta verde, sono stati eletti a furor di popolo anche da frotte di ammiratrici che ne adorano il celodurismo di partito.
Ebbene, i due si sono subito dimostrati soprattutto devoti, tradizionalisti, forse nostalgici della messa in latino, e soprattutto ben diversi dai faciloni loro alleati pdl, che si sono fatta la brutta fama di perdigiorno dietro escort ambosessi e sempre a gridare su pratiche di giustizia che non interessano ad anima viva tranne una.
Si sa che ormai le donne sono diventate l'anello più floscio della società, loro che pareva avessero in mano il mondo e adesso invece non basta un bel sedere per far carriera, se non sai almeno praticare l'igiene dentale. Quindi prima che agli evasori, agli inquinatori, ai criminali, ai fannulloni e persino ai clandestini, i nuovi ras della Padania hanno preso subito a randellate le donne; che se non ci fossero non ci sarebbe l'aborto, quindi l'obbligo di perder tempo con un grattacapo epocale irrisolvibile, reso stordente dal continuo martellare ecclesiastico che ogni mattina si sveglia, dà un veloce sguardo annoiato sulla montagna impolverata di pratiche pedofile che riguardano i suoi pii fratelli in tutto il mondo, e subito gli viene un diavolo per capello pensando all'infame dal nome innominabile, la diavolessa RU486, che gli fa passare anche la voglia del cappuccino.
Quella pozione luciferina ha qualcosa di veramente abominevole: procura l'aborto senza che chi la ingoia quasi se ne accorga, la paziente non subisce ferri chirurgici o aspiratori, non si sente strappare le viscere, non si dissangua, non prova che lievi dolori. Ignominia su ignominia, i nemici del farmaco sostengono che con questo metodo sbrigativo la peccatrice non ha tempo di sentirsi quello che è, un'assassina, e di continuare a soffrire e chiedere perdono per tutti i suoi giorni. Questo non è vero, perché se non in termini così apocalittici, non c'è aborto che non lasci una ferita in una donna, che sempre si chiederà a cosa ha rinunciato e chi sarebbe stato quella rinuncia una volta diventata persona. Certo, l'interruzione di gravidanza, voluta dalla legge 194 e necessariamente cruenta, piace di più ai nemici dell'aborto, in quanto punitiva: anche se poi, quel che davvero si meriterebbero le donne sarebbe un bel ritorno all'aborto clandestino, quando almeno le malvagie assassine spesso morivano come meritavano.
A questo punto risulta chiarissimo, e senza condizionali, che le parole dei vescovi alla vigilia delle elezioni erano un ordine cui non si poteva disubbidire. E i vincitori hanno subito risposto come dovevano, rassicurato le gerarchie, in cambio dell'appoggio alla vittoria: a questo punto, la morte della RU486, potrebbe anche preludere a una revisione della legge 194. Ci sono ministri mistici o governatori tutto casa e chiesa che si svegliano pensando ai feti, e giù lacrime, e già si armano per mettere definitivamente le donne al tappeto con una legge che renda una interruzione legale più difficile che un Nobel al pensoso erede Bossi.
Il problema è che i feti di Cota, Zaia e tutti gli altri governatori spaventati e inetti, non hanno nessuna riconoscenza; se ne stessero lì, buoni, feti per sempre, non darebbero fastidio: ma pretendono di diventare bambini, di crescere e farsi noiosi e ingombranti e pieni di pretese: e si lamentano dei preti pedofili, e non si accontentano di pane e acqua alla refezione scolastica, e fan fare brutte figure ai giovanotti che li ammazzano di botte, e strillano se li vendono per la prostituzione o li usano per ricavarne organi sani. Cota e amici, giusto martellare la cattiva pillola, ma magari una vostra premurosa occhiata leghista su come vivono i bambini, non potreste sprecarla più per i bambini che per i feti?
Natalia Aspesi – La Repubblica del 02/04/2010