Esserci oggi, a via Satta, a Casal Bruciato, era troppo importante.
Per sancire i principi di umanità, di solidarietà, di democrazia, di legalità. Per far capire ai fascisti che, davvero, devono smetterla di impossessarsi di periferie nelle quali non vivono e che utilizzano solo per fomentare odio nei confronti delle minoranze, sempre forti coi deboli, i vigliacchi. Per far capire ai cittadini di quei quartieri che esiste davvero chi vuole dar loro una mano, oggi, e che in qualche forma l’ha fatto, fino ad oggi. E, non ultimo, per testimoniare alla famiglia rom vittima di violenze indicibili tutto il sostegno e la vicinanza possibile.
Appena arrivo a via Satta incontro Daniele Leppe, manco a farlo apposta, e mi viene istintivo andare a salutarlo e ringraziarlo. Daniele si schernisce, fa il modesto ma davvero credo che attualmente, a Roma, non ci sia nessuno nel nostro campo che come lui riesce a testimoniare l’impegno per salvaguardare, proteggere, difendere i diritti degli ultimi. Chiunque essi siano, senza distinzione alcuna. Ecco, lo dico, ma io Daniele Leppe lo vorrei Sindaco di Roma. E altro segno del destino è che con Daniele ci sia Andrea Costa, con il quale e con tutti gli amici del Baobab sto facendo un pezzetto di strada in questi tempi.
Tempo qualche minuto è c’è una contestazione al PD. Più che al PD se la prendono con Matteo Orfini, perché del PD ci sono molti altri rappresentanti, più o meno noti ai cittadini, ma nessuno li contesta. “Fuori il PD dalla piazza”, urlano, e in effetti ad urlare sono pochi ragazzi, tutti abbastanza giovani, e la situazione è abbastanza surreale perché, come ho avuto modo di commentare a caldo appena assistito al diverbio,
Dovremmo anna’ a mena’ quelli di Casapound invece riusciamo a litiga’ tra di noi pure quando si fanno battaglie su questioni sacrosante come la dignità delle persone e l’antifascismo.
Per lo meno oggi che quelli di Casapound stavano là, a due passi. Che poi chiarisco pure il concetto di “menà”, che non è picchiare come fanno loro, ma contestare, anche mettendoci il corpo, la presenza fisica, il loro modo ignobile di fare politica. Tra gli interventi che ascoltavo mi ha colpito quello di un ragazzo, giovane padre che diceva di vivere a poca distanza da lì, a Casal Bertone, che diceva più o meno questo: noi non sappiamo menare, se andiamo di là ci riempiono di mazzate perché quello della violenza è il solo linguaggio che conoscono, insieme con quello della vigliaccheria, ma noi dobbiamo rivendicare la nostra diversità, la nostra umanità, perché non siamo come loro, non andiamo in giro ad insultare donne, a terrorizzare bambini. E chiedeva agli abitanti dei palazzi di Via Satta di manifestare insieme, perché anche loro, i cittadini che vivono in quelle case, non sono così.
Tornando a Orfini, ho apprezzato umanamente il suo coraggio nell’affrontare la piazza e i contestatori, ma da un punto di vista politico l’ennesimo disastro. Per carità, tutti hanno il diritto di stare in piazza, a maggior ragione in una manifestazione come quella di oggi. Però Orfini si chieda come mai, al di là delle contestazioni odierne, ci siano questi atteggiamenti ostili nei suoi particolari confronti e nei confronti del suo partito. E si chieda se ritiene davvero sufficiente chiedere scusa per aver abbandonato le periferie senza che si sia fatta una seria autocritica sul perché il PD, e la sinistra nella sua quasi interezza, abbia negli anni abbandonato a loro stessi e alle incursioni della destra più becera e neofascista le periferie di Roma e non solo. Ecco, nonostante il suo “coraggio” credo che egli sia il simbolo del PD che semplicemente in questi anni ha deciso di rappresentare altre istanze, perché non aveva più interesse a farsi portatore delle voci, dei problemi, delle storie che venivano da quei territori. Ne tragga le conseguenze politiche e si tolga di mezzo, per come la vedo io.
Come dicevo il PD è in buona compagnia, a sinistra sono davvero poche le persone e le realtà associative che in questi anni hanno provato a resistere in quei luoghi, però ci sono, ci sono state, e averle relegate a fenomeni di nicchia, estremisti da centri sociali, ha fatto si che da un lato si abbandonassero i territori, dall’altro si scavassero solchi sempre più profondi tra persone che per molto tempo sono state dalla stessa parte della barricata. Ascoltavo le conversazioni tra compagni, persone presenti alla manifestazione, e tutti concordavano sulla necessità di stare in quelle piazze non solo oggi, ma in maniera continuativa per dare nuova credibilità alla sinistra che vuol rappresentare quelle realtà e sottrarre così terreno e consensi ai fascisti. Il problema è come fare a risultare credibili se gli hai voltato le spalle per tanto, troppo tempo. Non sarà facile, ma questa è la sfida: riconnettersi con chi vive condizioni di disagio, con chi ha paura del presente e ancora di più del futuro, con chi spera di vedere migliorata la vita propria, quella dei figli, quella dei nipoti.