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Quota 100: provvedimento espansivo?

Dal basso della mia relativa conoscenza di questioni economiche, mi viene comunque da fare qualche considerazione su quota 100 (che, come s’è ormai abbondantemente capito, è solo una ulteriore possibilità data al lavoratore di uscire dal mondo del lavoro per raggiunti limiti di età o di contributi, a Legge Fornero vigente)  e sul millantato effetto espansivo di tale provvedimento sul ciclo economico del Paese.

Prima cosa, il pensionato avrà un reddito da pensione inferiore a quello percepito quando ancora era a lavoro, quindi avrà una capacità di spesa inferiore. C’è il TFR/TFS, direte voi. A parte il fatto che non si percepirà nella sua interezza appena finito di lavorare, ma non immagino spese folli dei neo-pensionati con il gruzzoletto a disposizione. Magari un bel viaggio, qualche bel viaggio, ma non penso a ostriche, champagne, vestiti ogni giorno. Piuttosto, le somme saranno accantonate per assicurarsi una vecchiaia serena, o per aiutare i figli nel momento dell’acquisto di una casa, per il matrimonio, in caso di difficoltà. Quindi, di quale ripresa dei consumi parliamo?

E poi, non esiste alcuna correlazione tra persone che vanno in pensione e persone che sono assunte. Insomma, non esiste alcun 1:1. Anzi.  C’è  invece il rischio di aprire ulteriori buchi nei bilanci dell’INPS. Un lavoratore alla fine del suo percorso lavorativo dovrebbe guadagnare considerevolmente di più rispetto ad un neo assunto, e di conseguenza i contributi dei neo assunti saranno notevolmente inferiori. Quindi per coprire i contributi dei pensionati serviranno un bel po’ di neoassunti se si vuole tenere il sistema in equilibrio. Se poi si vogliono truccare i conti basta sostituire Boeri. I conti torneranno magicamente.

Insomma, ferma restando la necessità di modificare sul serio la Legge Fornero e tenere conto anche di lavoratori precoci, dei lavori usuranti, di chi non ha una regolarità contributiva (quando ci arrivano a quota 100 questi lavoratori? Mai, continueranno ad andare in pensione a 67 anni e rotti), anche un bambino capirebbe che quota 100 è solo un marchettone elettorale in vista delle Europee, né più né meno degli 80 € di Renzi.

 

L’Italia non è un Paese per giovani: i dati. (via ilNichilista)

L'Italia non è un Paese per giovani: i dati. Promemoria: Nel biennio 2009-2010 il numero di occupati è diminuito di 532 mila unità, di cui il 90%  (482 mila) giovani under 30. Tra il 2008 e il 2010 il tasso di occupazione dei giovani tra 18 e 29 anni è sceso del 6%, attestandosi al 42%. Più precisamente: per i giovani con licenza media dal 43,3% a 36%; per i diplomati, dal 48,8% al 43,9%; per i laureati dal 54,2% al 48,5%. Nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, l'occupazione è invece sce … Read More

via ilNichilista