Oggi tutti a sbeffeggiare M5S per quanto successo in nell’Europarlamento e a cimentarsi in dotte disquisizioni sull’incoerenza delle sue scelte. Ieri a sbeffeggiare M5S per il nuovo approccio rispetto agli inquisiti e a cimentarsi in dotte disquisizioni sull’incoerenza delle sue scelte. L’altro ieri qualcosa per sbeffeggiare e sul quale cimentarsi in dotte disquisizioni sull’incoerenza delle sue scelte ci sarà pur stato.
Trump durante la campagna elettorale fece scandalo quando disse che sarebbe potuto scendere in strada e puntare la pistola contro qualcuno e la cosa non avrebbe spostato di un millimetro le sue possibilità di vittoria. Con M5S è la stessa cosa, temo. Tanto è al colmo la sopportazione di molti elettori nei confronti dello status quo. Tanta è la mancanza di fiducia nelle capacità di risolvere i problemi del Paese espresse della stragrande maggioranza della classe politica, tanta la disaffezione verso le forme di partecipazione democratica “classiche” rappresentate dai partiti politici.
Non servirà lo sberleffo, la risata, la sottolineatura dell’incoerenza se non verremo prima a capo delle nostre mancanze di questi anni che hanno generato a loro volta sberleffo, risate, incoerenza e soprattutto emorragia di consensi.
Chi vota M5S se ne frega delle incoerenze, di Farage, di Ukip, di Alde, di Verhodstadt, dell’Europrlamento, dell’avviso di garanzia, delle diatribe interne, del tribunale del popolo per i giornalisti. Sono cose che non spostano di un millimetro le possibilità di successo del movimento. E soprattutto non spostano consensi verso la sinistra, che anziché sbertucciare l’avversario dovrebbe interrogarsi sui perché.
Forse l’unico fattore che potrebbe mettere in crisi il movimento è il fattore V, come Virginia. E lo sa lo stesso Grillo. Ma questa è un’altra storia che vedremo come sarà scritta.