La Lega mi è sempre stata sul culo. Sempre. Dal lontano 1991. Hanno rovinato un paese contribuendo a far emergere gli istinti peggiori degli italiani. Contro gli immigrati, contro i “diversi”, contro gli ultimi. Hanno fallito politicamente perchè tutto cio per cui dicono di esseresi sempre battuti, il federalismo, non si è mai realizzato. Hanno imbarbarito il clima politico, costringendo i partiti “tradizionali”a seguirli su un terreno fatto di insulti, inconsistenza delle proposte politiche, regressione culturale e sociale. Non mi fanno pena i militanti delusi che ancora osannano il Capo manco fosse Ceausescu ai tempi d’oro della Romania. Non mi fanno simpatia i dirigenti illuminati, quelli delle cannonate ai barconi di migranti, quelli che prima i padani e poi gli altri. Mi fa cacarissimo Renzo Bossi, prototipo del familismo in salsa padana, zero cervello e tanti calci in culo, che almeno il padre gliene servisse un bel pò, di quelli veri, adesso. Però. Almeno la parola dimissioni la conoscono. Sarà per convenienza. Sarà perchè non hanno avuto scelta. Sarà per coglionaggine. Però la parola DIMISSIONI l’hanno pronunciata. Le DIMISSIONI le hanno date. Mi vengono in mente Tedesco, Lusi, Penati. Mi fa schifo dire prendete esempio. Avrebbero dovuto darlo loro, l’esempio. Però è così. Quelli eletti nel PD NON l’hanno fatto.
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Uscire dal “sistema”: una questione di sopravvivenza
Lunedì sera a L’Infedele Concita De Gregorio, con poche illuminate parole, ha spiegato chiaramente quale sia la strada affinchè il PD (parlo del mio partito, gli altri facciano come meglio credono) acquisti una rinnovata credibilità presso gli elettori. Premesso che, al di là delle responsabilità personali dei singoli, anche il PD fa parte del “sistema”. Il che non vuol dire necessariamente che i suoi esponenti siano persone “che rubano”, ma semplicemente che anche il PD ha accettato che la politica arrivasse a permeare con le sue ramificazioni ambiti che non erano di sua stretta competenza. Il tutto per garantire una perpetuazione di posizioni dominanti di singoli e di gruppi dirigenti nonché per garantire forme di finanziamento border-line. Premesso tutto ciò, allora, il rinnovamento non può avvenire ad opera di chi fa parte del “sistema”. Il “sistema” non può autoriformarsi. Lo ha ammesso, con molta onestà (anche se si vedrà se alle parole seguiranno i fatti) il sindaco di Sesto, Oldrini, che dice che la funzione della sua generazione si è esaurita. Un ciclo è finito. Ecco l’ineluttabilità del cambiamento. Una nuova generazione di politici, non necessariamente giovani anagraficamente, si proponga alla giuda del PD e del Paese. Chi ritiene che far parte del “sistema” rappresenti la naturale vocazione del PD abbia il coraggio di raccogliere la sfida, ad esempio con primarie aperte alla partecipazione dei cittadini per la scelta dei candidati a Camera e Senato, di chi pensa che il PD debba essere altro. Se il PD non fa questo, sarà fagocitato dal “sistema” stesso. E dall’antipolitica. E perderemo tutti.
Un gesto dovuto
Ma da apprezzare, al di là di qualsiasi altra valutazione. Filippo Penati, con responsabilità, fa due passi indietro. Non è da tutti, di questi tempi. Grazie, Penati.
Un’altra pasta d’uomo, senza dubbio
“Da subito rinuncio alle prerogative connesse alla vicepresidenza, non parteciperò più all’ufficio di presidenza e già dal prossimo consiglio siederò tra i banchi dei consiglieri di minoranza. Sono certo di interpretare anche i sentimenti di chi mi ha eletto nel voler garantire in queste circostanze il massimo rispetto delle istituzioni”.
Quando si dice salvaguardare le istituzioni. E Penati è “semplicemente” iscritto nel registro degli indagati, per dire. Le indagini faranno il loro corso. Si doveva procedere così anche a Minturno. Il PD di Minturno aveva il dovere di chiedere un comportamento analogo al Presidente del Consiglio Comunale. Ma paragonare Del Balzo a Penati è come mettere la lana con la seta. E qui mi fermo.