E così finisce anche quest’altra epoca della storia italiana. Un po’ mi dispiace. Metto Giorgio Napolitano, persona onesta, sul podio dei migliori presidenti, insieme a Ciampi e una spanna sotto Pertini. Ha esercitato il suo mandato in una stagione difficile, non tutte le sue scelte mi hanno convinto appieno, soprattutto il suo essere a favore di qualsiasi riforma, pur di farne. Ma probabilmente il migliorista che è in lui ha prevalso su tutto, insieme alla preoccupazione di offrire ad un Paese schiacciato dalla crisi un’opportunità di ripresa. Ci vorrà poco per capire se ci aveva visto giusto, la storia in genere non fa troppi sconti. Resta l’orgoglio di aver avuto come capo dello stato una persona che proveniva dalla nostra storia, per la prima volta. Dal servire ai tavoli della festa de L’Unità al Quirinale. Buona vita, Presidente.
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Il mio (non) intervento in Assemblea Nazionale
Sul tema della sicurezza sul lavoro. Consegnato brevi-manu al Segretario.
Caro segretario, cari componenti di questa assemblea
Quanto emerso nelle ultime settimane in merito alla gestione delle grandi opere pubbliche impone a tutti noi, al Partito Democratico, al Governo, un cambio di passo radicale che porti, finalmente, la legalità e la lotta alla corruzione al centro del dibattito pubblico nel nostro Paese, per chiudere definitivamente l’epoca delle leggi ad-personam e per vincere le titubanze che ci hanno contraddistinto in questi anni.
Da più parti è stato evidenziato come, nel tuo discorso di insediamento alle Camere, le parole criminalità, legalità, corruzione abbiano trovato solo in parte lo spazio che avrebbero meritato, ma confidiamo sul rinnovato impegno che si sta mettendo in campo nella lotta a quelle che sono vere e proprie piaghe sociali, politiche ed economiche e in questo senso la nomina di Raffaele Cantone a Commissario dell’Autorità Anticorruzione, se sarà messo nelle condizioni di operare al meglio, è una garanzia assoluta.
Mi permetto però, Segretario, di ricordare a te, al Partito, al Governo, a noi tutti, un’altra questione, un’altra piaga economica e sociale che alla legalità e alla realizzazione delle grandi opere è strettamente connessa, ma che sembra non interessare nessuno.
Varie volte, nel corso del suo mandato, il Presidente della Repubblica ha richiamato con forza l’attenzione sul problema della sicurezza sui luoghi di lavoro, ma sostanzialmente i suoi appelli sono rimasti sempre inascoltati e i buoni propositi enunciati a seguito dei suoi richiami sono, nella maggior parte dei casi, rimasti lettera morta. Anzi, pendono sul nostro Paese procedure di infrazione europee per avere, in taluni casi, ammorbidito la legislazione nazionale rispetto alla normativa comunitaria in materia di sicurezza.
Non sto qui a ribadire le statistiche, quei numeri freddi che riguardano invece persone in carne e ossa che ogni anno perdono la vita o subiscono danni permanenti o soffrono di malattie professionali. Sono cifre che trovate on-line, ad esempio sul sito dell’osservatorio indipendente di Bologna, e con l’occasione desidero ringraziare pubblicamente Carlo Soricelli per l’impegno meritorio nella sua opera quotidiana di divulgazione e sensibilizzazione.
Al netto dei miglioramenti rilevati negli ultimi anni, probabilmente imputabili anche alla diminuzione delle ore lavorate, è come se, più o meno, ogni anno sparisse questa assemblea.
E’ come se ogni anno ciascun componente dei questa assemblea non facesse ritorno a casa, dalla propria famiglia, semplicemente dopo esserne uscito per recarsi al lavoro, e non per andare in guerra.
Faccio questo richiamo perché a seguito delle inchieste su EXPO, soprattutto, si è giustamente detto che il progetto, la manifestazione non è in discussione e che quindi si inaugurerà il primo maggio del 2015, come da programma.
Ciò significa che bisognerà correre e non c’è lavoro, opera, infrastruttura, grande o piccola che sia, che possa essere realizzata in sicurezza, quando si va di corsa.
Chiedo quindi l’impegno del Segretario, del Presidente del Consiglio, del Governo non solo perché siano messe in campo tutte le risorse per mantenere una soglia di attenzione altissima durante la realizzazione di opere prioritarie per lo sviluppo del Paese, ma anche perché si dia il via, su tutto il territorio nazionale, sui mezzi di informazione, nelle scuole, ad una inedita e martellante campagna di sensibilizzazione e informazione sul tema della sicurezza nelle fabbriche, nei piccoli e grandi cantieri, ovunque ci sia un lavoratore.
Facciamo si che anche la sicurezza sul lavoro, con i suoi risvolti economici e sociali che riguardano la vita di tutti noi, diventi un tema prioritario ed un fattore di crescita e sviluppo per il nostro Paese.
Grazie.
Corsi e ricorsi storici
A distanza di una quindicina d’anni Massimo D’Alema (a modo suo) riconosce l’errore: non avrebbe dovuto accettare l’incarico di formare un governo (super-ego? amor di patria?). Piuttosto si doveva andare al voto.
A distanza di un paio d’anni e mazzo praticamente tutti riconoscono l’errore: il governo Monti non doveva nascere (super-ego? amor di patria?). Piuttosto si doveva andare al voto.
Probabilmente nei prossimi giorni nascerà il governo Renzi (super-ego? amor di patria?). Per fare cosa non si sa. Mi resta un po’ difficile credere in un rinsavimento di Alfano & Co (e perché no, anche di Berlusconi, del resto se gli restituisci il ruolo di padre della patria…) tale da consentire di mettere in atto ciò che serve per il lavoro, per ristabilire gli equilibri in Europa. Cosucce, insomma. Se lo schema non cambia, assisteremo ad un altro periodo imprecisato di galleggiamento, di tira e molla, di mezze riforme. Vedremo.
Ciò che è praticamente certo è che, tra qualche tempo, tutti saranno d’accordo sul fatto che sarebbe stato meglio andare a votare.
Ad oggi, la voce contraria sembra essere una sola (anche se la “base” inizia a farsi sentire).
p.s offrire ad Enrico Letta un posto di ministro degli esteri, oppure nella Commissione Europea, sarebbe davvero squallido. Roba da Prima Repubblica.
Florence hold’em
Quello del sindaho non può che essere un bluff, bro’. Le minacce di andare a votare subito non possono che cadere nel vuoto. Alzare la posta con il governo Letta, arrivare al riequilibrio (non chiamatelo rimpasto, mi raccomando) tanto atteso e provare ad incidere sull’agenda politico-economica del Paese. Nel frattempo mettere nero su bianco il jobs-act e tirar fuori uno straccio di testo per la riforma del titolo V e capire cosa si vuol fare del Senato. Che poi, tra l’altro, che riforma elettorale fai se non si sa cosa ne sarà del Senato? Perché Napolitano non scioglierà le Camere tanto facilmente. E poi, tornare a votare con il proporzionale puro e le preferenze costringerebbe anche Renzi ad allearsi con pezzi di centrodestra, così come se decidesse di provare a diventare premier subito, senza passare dalle urne. E dopo la campagna delle primarie, sarebbe la più grande bugia da non perdonare, mai più.
Bis in idem
Ma dopotutto una legge elettorale ce l’abbiamo. Proporzionale puro con una sola preferenza. Siamo proprio sicuri che serva una legge nuova? Nella situazione attuale nessuno dei tre blocchi avrebbe la maggioranza dei voti degli italiani, e quindi le larghe intese sarebbero l’unica soluzione possibile, ovviamente gradita al Presidente della Repubblica. E credo che anche nel PD a molti una soluzione del genere non dispiacerebbe. Il Parlamento non è riuscito a fare la riforma della Costituzione? E che sarà mai, sono anni che si rimanda, ce ne faremo una ragione. In fondo, per dirla alla Walter Tocci, la “sua” generazione non ha autorevolezza per cambiare la Costituzione. Meglio niente rispetto ai pasticci che si prefiguravano grazie ai padri costituenti Violante e Quagliariello.
Certo, Renzi non sarebbe proprio contento. Un conto è diventare (nel caso) premier in un sistema maggioritario nel quale in qualche modo gli elettori fanno una scelta sul tuo nome e hai una maggioranza autonoma in Parlamento, altro è mettersi a capo di una alleanza “contronatura” alla quale ti obbliga il Presidente della Repubblica. Ma tant’è, aver lisciato il pelo ai 101 porta anche a questo.
A meno che.
A meno che non si decida di cambiare schema, assumersi la responsabilità di presentare al Parlamento una legge elettorale che tenga conto delle indicazioni della Corte Costituzionale (assegnare il premio di maggioranza a chi supera una certa soglia ed eventualmente utilizzare liste bloccate su collegi piccoli), accettare il fatto che il governo cada un minuto dopo e tornare a votare. Anche per questo alcune ricostruzioni giornalistiche mi lasciano un pò perplesso.
Letta, il giovane esploratore
Incarico a Letta (non lo zio, lui). Così si passa da no al governissimo (giusto un paio di Direzioni Nazionali fa) ad un governo super politico PD-PDL. E adesso venitemi a dire che non c’era già qualcuno, nel PD, che aveva in mente tutto questo. E per questo ha lavorato. Nell’ombra. Senza le palle per dire no a Prodi, apertis verbis, quella mattina in cui tutto è crollato miseramente. Ingannando iscritti ed elettori.
Sto con il Presidente Napolitano
Il prossimo 9 maggio si celebrerà al Quirinale il Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. Quest’anno, il nostro omaggio sarà reso in particolare ai servitori dello Stato che hanno pagato con la vita la loro lealtà alle istituzioni repubblicane. Tra loro, si collocano in primo luogo i dieci magistrati che, per difendere la legalità democratica, sono caduti per mano delle Brigate Rosse e di altre formazioni terroristiche. Le sarò perciò grato se – a mio nome – vorrà invitare alla cerimonia i famigliari dei magistrati uccisi e, assieme, i presidenti e i procuratori generali delle Corti di Appello di Genova, Milano, Salerno e Roma, vertici distrettuali degli uffici presso i quali prestavano la loro opera Emilio Alessandrini, Mario Amato, Fedele Calvosa, Francesco Coco, Guido Galli, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione”.
“La scelta che oggi annunciamo per il prossimo Giorno della Memoria costituisce anche una risposta all’ignobile provocazione del manifesto affisso nei giorni scorsi a Milano con la sigla di una cosiddetta “Associazione dalla parte della democrazia”, per dichiarata iniziativa di un candidato alle imminenti elezioni comunali nel capoluogo lombardo. Quel manifesto rappresenta, infatti, innanzitutto una intollerabile offesa alla memoria di tutte le vittime delle BR, magistrati e non. Essa indica, inoltre, come nelle contrapposizioni politiche ed elettorali, e in particolare nelle polemiche sull’ amministrazione della giustizia, si stia toccando il limite oltre il quale possono insorgere le più pericolose esasperazioni e degenerazioni. Di qui il mio costante richiamo al senso della misura e della responsabilità da parte di tutti”.
Giorgio Napolitano.
Il resto lo trovate qui.