Per capire cosa sia avvenuto e cosa sta avvenendo da tempo nel Mediterraneo, nel Corno d’Africa, in Libia, nei Balcani, nel Mar Egeo, in Grecia, nel Sinai.
Un resoconto lucido e amaro su affondamenti, violenze, dittature, fascismo, razzismo che Alessandro Leogrande, strappato troppo presto alla vita, ci lascia e che mette tutti davanti alla propria frontiera.
Difficile mettere a fuoco le idee dopo il 4 marzo, o forse no.
Quello che stiamo vedendo, patendo in questi giorni (si, io ho un dolore fisico che si aggiunge a quelli che già ho di mio) era prevedibile ma comunque evitabile.
Il voto ha sancito soprattutto la sconfitta del PD e della sinistra in tutte le sue forme, ma non era affatto scontato che dovesse nascere un governo Lega-M5S, viste le bordate che sono stati soliti tirarsi reciprocamente nel corso degli ultimi tempi. Così, per memoria, vi posto due dei video che più sono circolati in rete in questi tempi e che testimoniano la profonda stima tra le attuali forze di maggioranza. Poi, ci mancherebbe, sono forze democraticamente elette in Parlamento ed è più che legittimo che con un sistema proporzionale le maggioranze si formino dopo il voto, però, ecco, qua siamo ben oltre le schermaglie pre-elettorali. Vabbè
Evitabile se solo il PD avesse scelto quantomeno di andare a vedere le carte, nel momento in cui si profilava la possibilità di far partire un dialogo con M5S. Come candidamente hanno ammesso, per i pentastellati l’importante era andare al governo, forti del loro 32 e rotti percento, e quindi poca differenza avrebbe fatto per loro governare con PD anziché Lega. Del resto destra e centro (il PD non è un partito di sinistra) pari sono quindi le possibilità di successo erano decisamente alte, seppur percorrendo una strada tutta in salita.
E invece è entrato in scena lui, il finissimo stratega mangiatore di popcorn, al secolo Renzi Matteo di Tiziano da Rignano sull’Arno che, non pago degli insuccessi inanellati uno appresso all’altro dopo la sbornia delle Europee (le lune di miele con gli elettori possono durare più o meno, ma finiscono sempre) ha deciso, da vero segretario del PD, che al tavolo non ci sarebbe nemmeno dovuti avvicinare.
E quindi eccoci tutti a soffrire per il governo attuale.
Un governo che presenta novità tanto eclatanti quanto inquietanti.
Un Presidente del Consiglio che sostanzialmente non conta niente, messo lì come due chiappe su un ramo (come ebbe a dire John McEnroe ad un arbitro durante uno dei suoi memorabili match). Ministri sconosciuti che hanno l’autonomia di un paracarro. (altra citazione, per pochissimi addetti ai lavori) Tutti pronti ad essere immediatamente smentiti, appena profferiscono verbo, dal vero capo della compagine, Matteo Salvini. E intanto la Lega si mangia M5S, visto l’assoluta irrilevanza politica del suo omologo, viste le incazzature di quella parte della base elettorale di M5S che proviene da una storia di sinistra e viste le affinità di quella parte della base elettorale di M5S più populista, sovranista, razzista e che quindi troverà naturale schierarsi con l’originale.
Quindi i provvedimenti del governo. Ad oggi, in realtà, zerovirgolazero. Bastano i proclami, le chiusure dei porti, la guerra alle ONG, gli attacchi a Saviano, le dimostrazioni di cielodurismo nei confronti di altri leader europei che sicuramente fomentano gli adepti ma che in sostanza non fanno altro che isolare il nostro Paese senza che si ottengano risultati invece tanto sbandierati dalla maggioranza. Sulla bestialità dei provvedimenti anti-migranti voluti da Salvini non c’è nemmeno necessità di tornare, basta dire che l’Italia è la culla del Mediterraneo, fin dagli albori della civiltà che ha sempre fatto dell’accoglienza, del mescolamento tra razze, del meticciato culturale il suo punto di forza, e invece oggi si trova ad utilizzare disperati che fuggono da guerre, stupri, povertà, come clave da sbattere sul tavolo quando ci si trova a discutere con altri Paesi. Ecco, quale forza enorme si sarebbe avuta, sugli stessi tavoli, se si fossero sbattuti i pugni forti del proseguire a salvare vite nel Mediterraneo? L’Italia, con il patto di Visegrad, con la sottocultura del rifiuto dell’altro, del rigetto della solidarietà tra popoli, dell’autarchia fascistoide che quel patto ha espresso non dovrebbe entrarci nulla e di fronte ad un governo apertamente xenofobo, razzista, lepenista, fascista la pregiudiziale che nutro è talmente forte e radicata in me che non ci sarà alcun provvedimento che potranno adottare che avrà il mio personale plauso.
In questo periodo, come in quello elettorale e anche prima, l’Europa è al centro del dibattito, talmente al centro che viene usata anche come macchina da fumo per nascondere, agli occhi di chi ha creduto alle promesse di Lega e M5S, l’impossibilità di realizzare ciò che molti hanno creduto fosse possibile, dall’abolizione della Fornero (la riforma in discussione aumenterà l’età pensionabile), il reddito di cittadinanza (se lo chiamavano Lavoro Socialmente Utile non li avrebbe votati nessuno), la flat-tax (che in ogni sua forma è incostituzionale). Sia chiaro, l’Europa, anzi, meglio, i suoi governanti e le sue istituzioni, in questi anni ci hanno messo del loro per rendersi invisi ai popoli europei. Le ragioni le conosciamo tutti, e le abbiamo vissuti tutti sulla nostra pelle, nel bene (poche volte) e nel male (molto più spesso). Ma non è con l’autarchia, con il sovranismo che nega l’altro, con i dazi, con le guerre commerciali, con la svalutazione della moneta nazionale e l’inflazione galoppante che si risolveranno i problemi dell’Europa. La soluzione sta nella democratizzazione delle istituzioni, nella partecipazione diretta dei popoli alle scelte che li riguardano, nella costituzione di regole e strumenti comuni che tutti gli stati membri dell’Unione dovranno impegnarsi ad adottare e difendere.
Senza una visione di ciò che dovrà essere l’Europa anche il dibattito a sinistra, che già presenta la linea dell’encefalogramma piatta, sarà definitivamente destinato a fallire. Come dicevo all’inizio delle mie riflessioni i veri sconfitti alle elezioni sono stati i partiti di sinistra o presunta tale e a quattro mesi dal voto salvo rarissime eccezioni non è stato fatto uno straccio di autocritica per capire cosa sia successo, quali siano gli errori da non ripetere e da dove ripartire. Quello che vedo in giro è una diffusissima volontà auto assolutoria che lascia tutto com’è sperando che passi la nottata o che finisca l’idillio tra una parte del paese e il governo attuale, come se i fallimenti altrui dovessero bastare per traghettare sic et sempliciter i voti dauuna parte all’altra. Non è così. Le ultime elezioni hanno dimostrato che una parte sempre più consistente dell’elettorato preferisce non votare piuttosto che scegliere soluzioni che non convincono. E così com’è, o come se la stanno immaginando i suoi presunti leader, la sinistra o presunta tale non se la fila più nessuno.
PD, che mentre Renzi comanda si divide tra propositi di ricostruzione tra Calenda (!!) e Zingaretti e tutti sono contro tutti, come sempre.
LeU,, che oggi lancia il comitato promotore nazionale, fatto di persone rispettabilissime che probabilmente sono già di più rispetto ai loro elettori.
Possibile, unico partito con segretario che si è dimesso sul serio dopo la mazzata del 4 marzo, che continua ad occuparsi di temi importanti su diritti, migranti, caporalato, criminalità ma che ha la rappresentatività di un comitato di quartiere.
PaP, che rappresenta istanze sacrosante del mondo del lavoro, del mondo dei diritti, del mondo dei dimenticati ma ha di poco superato l’1% alle passate elezioni e non può far finta di aver vinto le elezioni. Il massimalismo va bene, ma senza confronto con altre forze politiche che presentano affinità rispetto alla tue non si va lontano.
Nessuno di questi partiti presenta alcuna attrattiva per la stragrande maggioranza dell’elettorato e secondo me vanno sciolti, al più presto. Fatto questo primo passo è necessario definire in quale campo vuole giocare la sinistra della terza decade degli anni 2000, quali parole d’ordine debba mettere al centro della sua azione politica, quali soggetti intenda tutelare, quali i principi irrinunciabili, quali i blocchi sociali da rappresentare.
Tutto ciò non senza che, prima, sia chiaro a tutti che le persone che hanno giocato un ruolo politico fino al giorno prima non possono più rivendicare alcunché per loro stessi e devono, improrogabilmente, lasciare il campo ad altri. Con tutto il rispetto che posso nutrire per le loro storie politiche personali e al di là della loro età anagrafica e del tempo passato in Parlamento. Non li faccio i nomi, tanto li conoscete, sono quelli che stanno in TV, che presenziano, che appaiono, che lanciano appelli, scrivono lettere. Nonostante l’attivismo, il parlamentarizzare questioni che riguardano crisi industriali, licenziamenti, il provare a stare sul pezzo hanno perso la capacità di rappresentare autorevolmente la loro e la nostra parte politica. Non basta più stare nei luoghi del conflitto, mi dispiace per loro, ma hanno tutti fatto il loro tempo.
Si ricominci da persone come Mimmo Lucano, Pietro Bartolo, Andrea Costa, Aboubakar Soumahoro, Marta Fana, Elly Schlein, Ilda Curtii e tutti quelli che possono portare esperienze di amministrazione e di impegno sociale nelle loro comunità esportabili su vasta scala. Devono essere persone così a rappresentare, anche nei media, le idee della sinistra del futuro.
Forse così, ma con un forse enorme, tra cinque anni potremmo provare a ribaltare il cappottone del 4 marzo. Ma non è affatto scontato.
Una proporzione matematica che diventa equivalenza politica e sociale, nei suoi effetti.
Mi direte che i medi, gli estremi, non sono fatti della stessa pasta. Ripeto: gli effetti sono i medesimi. Criminalizzare la povertà è semplicemente aberrante. Come a suo tempo era (e resta) aberrante criminalizzare l’immigrazione. Possono bastare le parole di Roberto Viviani, del Baobab.
Poi mi sfugge, sarà un mio limite certo, come l’argomento non sia oggetto di rimostranze da parte dei sostenitori della candidatura di Andrea Orlando alla segreteria del PD, soprattutto quelli-che-vorrebbero-un-PD-più-a-sinistra-e-quindi-sosteniamo-Orlando-contro-Renzi-così-sarà-salva-l’unità-del-PD-e-finalmente-diverremo-un-partito-di-sinistra.
Come ha detto Pippo Civati ieri sera, destra è chi destra fa. Fatevene una ragione.
Un argomento del quale, davvero, non si parla in questa campagna elettorale è l’immigrazione. E non è che i problemi non manchino. E la legge dello Stato che regola i fenomeni migratori si chiama ancora Bossi-Fini, per dire.
“Se introduciamo il criterio dello jus soli, ossia l’automatica cittadinanza italiana per chiunque nasca sul nostro territorio, rischiamo di trasformare l’isola di Lampedusa o il porto di Ancona o la stazione di Trieste nelle succursali della più clamorosa clinica ostetrica d’Europa.”
Ieri e oggi ero a scuola dei miei piccoli, per le recite di natale. Sempre emozionante. Per un frignone come me, poi. Stai lì, ascolti, guardi, vedi tutta la vita che ti passa davanti e vorresti essere nelle loro teste ma sai che più che quanto ha detto Gibran non puoi fare proprio nulla. E però sei felice come loro, perchè vedi dei maestri che ci mettono l’anima, che si prendono cura del più debole come del più forte, che non lasciano indietro nessuno e tutti vanno avanti ciascuno a modo suo. E vedi l’Italia del futuro. Chiara, Nika, Diego vengono dalle Filippine e dal Perù. Sander, Nicole, Mara, Chiara vengono pure loro dalle Filippine. Ma vengono solo, da lì. Sono italiani, per il resto. In tutto e per tutto. Tranne che sul passaporto. Fortuna che i bambini, il nostro futuro, l’hanno capito. E non solo a natale. Tutto l’anno. Tutta la vita. Sempre che non arrivi qualche adulto tanto stronzo da fargli cambiare idea.
“Noi gli andiamo a salvare il culo in mare, e poi ci ringraziano appiccando il fuoco. Devono capire che sono ospiti a casa nostra”.
Un’intervista allucinante alla vicesindaco di Lampedusa e Senatrice della Lega Nord Angela Maraventano. Lega di lotta e di governo, anche al profondo Sud. E le frasi fatte, sempre identiche. Che palle. E che vergogna.
E dire che in tre giorni l’emergenza, a Lampedusa, doveva essere risolta.
Stavo per scrivere due righe sui fatti di Lampedusa, ma Filippo Ceccarelli mi ha preceduto. Qui.
Tanto per ricordare. Era la fine di marzo, appena sei mesi orsono, e una mattina il presidentissimo accorse a Lampedusa a mostrare che lo Stato era presente. C’era un caos tremendo e disse: “Entro 48 sarà tutto risolto”.
Quindi, indossato il costume di scena da Cavaliere Operativo (abito nero, camicia nera senza cravatta) improvvisò uno dei più formidabili comizi dell’era berlusconiana. E di nuovo, tanto per ricordare, promise ai poveri abitanti di Lampedusa: uno speciale regime fiscale, il rimboschimento dell’isola e dei campi da golf. Mentre elencava i suoi propositi, dalla folla una signora gli ricordò che c’era da tempo anche l’idea di costruire una scuola, ma su questo occorre ammettere che il premier fu abbastanza dubbioso perché “non si può fare tutto”.
Tanto per ricordare. Berlusconi quel giorno era di ottimo umore e quindi promise anche un casinò, una zona franca e un’area “a burocrazia zero per far ripartire l’economia”. D’altra parte, volle aggiungere che erano già stati commissionati a Rai e mediaset degli spot turistici per illustrare le bellezze di Lampedusa. E già tutto questo potrebbe bastare.
Ma le perle indimenticabili di quell’allegro comizio, le promesse delle promesse, furono una iniziativa che il Cavaliere battezzò “il Piano Colore”, una specie di riverniciatura universale delle abitazioni che avrebbe reso Lampedusa “simile a Portofino”, pensa te. E poi l’annuncio trionfale di essere divenuto “lampedusano”. E infatti raccontò di essersi messo “di notte” su internet e lì aveva individuato e acquistato una villa in loco: villa “Due Palme”, a Cala Francese. Così, se poi non mi vedete più qui, volle specificare a futuro auto-monito, “potete venire a farmi le scritte sui muri”. (La storia controversa e il destino di tale acquisto immobiliare merita un post a parte).
Ma ci fu, in quel fantastico comizio, anche un’altra impegnativa promessa. E così, tanto per ricordare, sembra oggi il caso di segnalare che egli s’impegnò a proporre ufficialmente Lampedusa, “questa frontiera della civiltà occidentale”, per il Premio Nobel per la Pace. Seguì la consueta barzelletta, com’è ovvio dedicata alle signore del posto, sul campione di donne alle quali viene chiesto se vogliono fare l’amore con Berlusconi, e il 30 per cento risponde “Magari”, e il restante 70: “Ancora una volta?”.
Tanto per ricordare. In serata un barcone carico di immigrati colò a picco nel mare di Lampedusa. A detta dei superstiti erano annegate 11 persone.