Saltato l’appuntamento fuori porta, un giro a Piazza Santi Apostoli ieri l’abbiamo fatto.
Ho salutato con piacere, come immagino molti dei presenti, un po’ di persone che in questi anni abbiamo perso per strada. Anche tante persone del PD: ministri, sottosegretari, parlamentari, consiglieri comunali, semplici iscritti. Alcuni in incognito, altri no. Si leggeva negli sguardi il desiderio di ritrovare un terreno comune, ma sarà davvero possibile?
Nei giorni scorsi evidenziavo la necessità di ripartire, da oggi, senza ambiguità, con una scelta di campo netta. Ecco, non mi sembra che ciò sia avvenuto, ieri, in quella Piazza, ad opera dei promotori dell’iniziativa.
Il discorso più significativo l’ha tenuto Pierluigi Bersani, che ha pronunciato parole condivisibili su fisco, ambiente, lavoro, scuola, in linea con quanto ascoltato al Teatro Brancaccio due settimane fa. Meno bene sull’analisi della storia recente, sul rimpianto della sinistra che nel mondo a metà degli anni ’90 ha conquistato la fiducia degli elettori in molti paesi per poi tradirla con politiche che di sinistra avevano ben poco o che comunque non hanno saputo prevedere i disastri della globalizzazione, delle tempeste finanziarie, delle guerre. Parliamo di Blair, di Schroder, di Clinton ma anche dell’Ulivo, con i suoi leader e i suoi governi, che ha lasciato incompiute riforme (pensiamo solo al modo del lavoro e la mancata regolamentazione del precariato che in quegli anni ha la sua origine) la cui mancanza ancora oggi pesa come un macigno sulla vita delle persone. Su questo solco ha proseguito la sua opera anche il Partito Democratico, negli anni in cui ha governato, e quindi mi perplime alquanto sentire parlare, dal palco di Piazza Santi Apostoli, di centro-sinistra. Perché, e in questo Renzi ha ragione, un centro-sinistra senza il PD non è pensabile. Ma nemmeno è pensabile un PD che faccia ammenda di sé stesso e riconosca il fallimento delle maggiori (pseudo)riforme che ha sostenuto in questi anni. Anzi, Renzi in questi giorni rilancia, e lo fa perché è forte, giustamente, del consenso ottenuto nel congresso che si è chiuso poche settimane fa. E allora ecco l’ambiguità non risolta, la scelta di campo incompiuta, ieri. Le parole udite da quel palco sono, allo stato attuale, del tutto incompatibili con un’alleanza con il Partito Democratico. Sono incompatibili con lo svolgimento di primarie del cosiddetto centro-sinistra. Sono incompatibili con un patto post-elettorale nel caso in cui, come è ormai probabilissimo, si voterà con sistema proporzionale (si tratta solo di decidere quale sarà la soglia di sbarramento).
Eppure si punta ancora ad un centro-sinistra largo, come se ci fosse solo da mettere a punto piccole questioni programmatiche con il partito il cui segretario è Andrea Orlando.
Ecco, le cose non stanno così. Per niente. E quindi fatico a capire come intendano uscirne Pisapia, Bersani, Campo Progressista, Articolo 1, Insieme. Anche se uscissero ancora pezzi di ceto politico e di elettori dal partito di Renzi, il segretario andrebbe avanti come un caterpillar, non è uomo che ammette i propri errori.
Mi è invece più chiaro il percorso segnato da Montanari e Falcone, con Sinistra Italiana, Possibile e chi ci sta. Alternativi al PD. In questa fase non può essere che così.
Spero che i compagni presenti ieri in Piazza Santi Apostoli lo capiscano quanto prima, e agiscano di conseguenza.