Da sabato e per tutta la settimana è in edicola, con L’Unità, Left. C’è un’intervista a Pippo Civati, che finisce per essere un vero e proprio manifesto politico. Le mie sensazioni, leggendola, le riassume Jacopo.
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Vota PD (in subordine la coalizione Italia Bene Comune)
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Perchè quella di dire “non voto il centrosinistra perchè tanto poi si allea con Monti” ha stufato, non vuol dire niente ed è un controsenso.
Come avevo già scritto qui, non sono un fan del voto utile, ma concorrere all’insufficienza numerica del centrosinistra al Senato, salvo poi (già me lo immagino…) accusare Bersani e Vendola di fare un accordo post elettorale con Monti semplicemente non ha senso.
Vi interessa il centrosinistra ma non volete che il Pd e Sel si accordino con Monti? Votateli. Non c’è altro modo.
Poi ci sarebbe da fare una bella riflessione sul fatto che la politica non si esaurisce con il voto, ma che deve essere innanzitutto partecipazione continua e diffusa. Non vi piace il Pd per come è adesso? Iscrivetevi e dateci una mano a cambiarlo (a ottobre c’è il congresso, tra l’altro). E non vale la scusa che “tanto non cambia mai niente” perchè le primarie han dimostrato che non è così.
Se il problema invece sono “le cose da fare”, vi consiglio questo puntualissimo post scritto qualche giorno fa da Pippo Civati. Impegni concreti, messi nero su bianco da chi ci sarà, nel prossimo Parlamento, e garantirà impegno e trasparenza.
Coda di lupo
Con immenso piacere aggiungo al mio blogroll Jacopo.
De Juventute
Vabbè, il mio amico Jacopo penserà che inizio a gasarmi per la Juventus. Non in questo caso. C’è erba da mangiare, ancora. E tanta. Si vedrà. Voglio invece parlare di gioventù, di giovani, di ragazzi, di politica. Il là me lo offre Cristiana, con la sua storia, tanto cruda quanto vera. Una storia che ci parla di un paese che, allo stato attuale, offre ai propri ragazzi un biglietto di sola andata. Via, si parte, si parta. Lontano dalla corruzione, dal così fan tutti, dal così è se vi pare, dalla burocrazia che fa scendere il latte alle ginocchia, dalla mancanza di opportunità, dal credito che non fa credito. Da tutto. Dalla politica. Quella che dovrebbe offrite la prospettiva, indicare la strada, e che invece s’è pigliata i punti di fuga con tutto l’asfalto. Ieri sera partecipavo al direttivo del mio circolo e ascoltavo le parole dei “grandi”, degli “esperti”, di quelli che la politica è una cosa seria, lasciatela fare a chi ne capisce. E giù con l’alchimia, con il calcolo per il puro calcolo, con la tattica, manco fossero stati tanti micromaxi Arrigo Sacchi, quello si che con la tattica c’ha fatto la rivoluzione. E pensavo: ma un partito così, il mio PD, ma che cazzo c’avrà da dire ad un giovane del mio Comune? A parte l’inerzia a naso tappato, giusto perchè dall’altra parte ci stanno le trote e i porcelli e la gnocca e il dito medio, ma perchè una ragazza e un ragazzo che sia affacciano alla vita, allo studio, al lavoro, alla famiglia, dovrebbero scegliere noi? Perchè l’amico di Cri che vuole aprire il ristorante dovrebbe guardare con fiducia alla nostra classe dirigente? Quel politico al quale rivolgersi potrebbe essere chiunque, anche il nostro consigliere comunale, il nostro assessore, il nostro consigliere regionale. Il nostro parlamentare. Chiunque. Chiunque. Chiunque, cazzo. E allora mi viene da pensare a quello che doveva essere il PD, alle nostre speranze, alle speranze di un Paese. E vedo la realtà. Vedo i personalismi. Vedo la mancanza di coraggio. Vedo il compromesso. Sempre. Ovunque. Comunque. E non ce la faccio. Voglio che Bersani mi dia un motivo per votare il PD senza turarmi il naso. Voglio che il Bersani o chi per lui dia a tutti i ragazzi e le ragazze italiane un motivo per votarci senza che debbano, per forza, turarsi il naso. Lo pretendo.
Adesso tocca a noi
Jacopo è davvero una grande risorsa, per il PD, per il Paese. Quest’anno non sono stato ad Albinea, ma le sue parole contengono tutto, ma proprio tutto.
Travolto dal ritorno alla quotidianità, solo ora riesco a buttar giù due righe su quello che mi son portato a casa da Albinea. Non prendetelo come un esercizio di stile. Non è così. Scrivere aiuta a mettere in ordine i pensieri, e dopo questo week end ne ho bisogno. Credo che ad Albinea il nostro gruppo di sognatori/peones/movimentisti/indignados-organizados/demoscazzati, ecc, ecc, abbia fatto un ulteriore salto di qualità. Non tanto a livello di contenuti. Quelli c’erano già, sono di qualità e serietà indubbia e il nostro partito, prima o poi, se ne renderà conto. I problemi della mia valle si sono incrociati con quelli dei precari. Il mezzogiorno di fuoco raccontato dagli amici napoletani si accompagna con la necessità di rimettere in moto l’economia, partendo da un fisco più “mobile” e meno “immobile”. Un modo di lavorare che entusiasma e ci aiuta a capire quanta ragione aveva Don Milani quando diceva: “Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne da soli è l’avarizia. Sortirne insieme è la politica”. Noi abbiamo fatto proprio questo. Stando sul pezzo e sui pezzi (di territorio). Facendo rete dentro e fuori la rete. Chiamando la cose con il loro nome per riconoscerle, come ci ha detto Ivan, per sostenerle quando ci piacciono e cambiarle quando non ci van bene. Tutto questo lo abbiamo fatto grazie alla passione e alla capacità di Pippo, e lo scrivo senza piaggeria. Il post che Paolo ha scritto poche ore fa ci racconta di movimenti lungo l’Arno che non mi piacciono neanche un po’. Gli stessi movimenti che lacerano il centrosinistra e tutto il paese da troppi anni. Pippo invece ha messo in secondo piano il ruolo del politico, rimettendo al centro quello della politica. Ha creato uno spazio dove ognuno di noi non solo ha potuto fare progetti e dare un contributo, ma è anche cresciuto e si è responsabilizzato. Ha fatto l’allenatore e non la prima punta. Sembra una sciocchezza, ma di questi tempi (che durano da circa 20 anni…) non lo è affatto. Qui sta il salto di qualità di cui parlavo prima. Questo percorso lo abbiamo fatto insieme, credendoci e mettendoci del nostro, e tutti insieme ci siamo resi conto che l’obiettivo ora è cambiato. È ora di “guidare la macchina e non aggiustare i pistoni”, di passare “dalla rottamazione alla motorizzazione civile”. Questa consapevolezza è cresciuta in noi con naturalezza ed entusiasmo (sostenuta dalla qualità del nostro lavoro), senza che le ambizioni personali (che ci sono, ed è giusto che ci siano, viste le capacità di molti) prevalessero sul nostro lavoro e sulle nostre speranze. L’obiettivo che ci siamo dati non è mica uno scherzo. Cambiare il Pd e, con lui, l’Italia. Forse non ci abbiamo fatto troppo caso, ma davanti alla svagonata di gnocco fritto che Nico ci ha preparato, ci siamo presi un bell’impegno. Prendiamoci agosto per digerire (a me servirà un mese perché ho esagerato…) e per riprendere slancio. Adesso inizia il bello.
Adesso tocca a noi.
Ultime dalla Val di Susa
Jacopo ed altri amici ci aggiornano sulla situazione in Val di Susa. Con saggezza e pragmatismo. Quando si dice andare oltre la cronaca governativa e la vulgata dell’opposizione.
Gli scontri che si stanno verificando in queste ore tra manifestanti No Tav e le forze dell’ordine, dimostrano una volta di più che sull’Alta Velocità Torino-Lione la politica ha fallito.
Crediamo che i fatti che si stanno susseguendo alla Maddalena siano il triste, ma prevedibile, epilogo di una vicenda che il Governo ha gestito con arroganza e superficialità, escludendo dal tavolo politico di maggio gli amministratori contrari all’opera, e che molti esponenti politici, anche del nostro partito, hanno contribuito a inasprire, invocavano l’uso dell’esercito per favorire l’apertura dei cantieri.
Nel ribadire tutti i nostri dubbi di merito sull’utilità dell’opera sentiamo al tempo stesso la necessità di opporre un rifiuto radicale e irrevocabile verso tutti i linguaggi e i comportamenti che in nome del no alla Tav stanno cercando di impedire una dialettica tra le diverse posizioni in campo, o peggio, come è successo pochi giorni fa, stanno scivolando in atti di violenza e intimidazione.
Da questi modi di approcciarsi al problema della Tav noi prendiamo nettamente le distanze.
Per quel che ci riguarda, vogliamo ragionare su cinque punti:
1. Una linea che non serve. Diversi studi, in primis le risultanze dei lavori dell’Osservatorio tecnico, dimostrano che costruire una nuova linea ferroviaria non risolverebbe i problemi trasportistici del nostro paese. Senza un’adeguata politica di trasferimento del traffico merci da gomma a ferro (che oggi non c’è), la nuova linea si trasformerebbe nell’ennesimo episodio di spreco di denaro pubblico, cosa che in questo momento l’Italia non può permettersi.
2. Rilanciamo il Fare. Quello vero però, non quello strumentale che è stato proposto a fine aprile da Mario Virano.
3. Parliamo di percorso “per fasi” e non “a fasi”. Un percorso strutturale e non temporale. Si proceda alla progettazione e realizzazione del nodo di Torino, vera strozzatura dell’attuale collegamento ferroviario Torino-Lione. Questo intervento permetterà di realizzare il Servizio Ferroviario Metropolitano in grado di fornire una risposta importante per un trasporto pubblico nell’interesse di centinaia di migliaia di pendolari.
4. Nessuna compensazione. La vera “compensazione” sono gli interventi previsti dal Progetto Strategico della Provincia di Torino, provvedendo ad un miglioramento della linea storica e a un potenziamento del servizio per i passeggeri. In soldoni, metropolitana fino ad Avigliana. Tutto questo può essere fatto solo con il consenso della popolazione e delle amministrazioni locali.
5. Rispetto per gli accordi del Progetto Strategico per il territorio interessato dal collegamento ferroviario Torino-Lione è il “pacchetto” di proposte e di sviluppo che è stato predisposto con il coinvolgimento dell’intero sistema istituzionale e dalle rappresentanze sociali.
Ovviamente, per tornare a discutere nel merito dell’opera, chiediamo che cessino immediatamente gli scontri e che il Ministro dell’Interno Maroni si faccia carico della gravità della situazione.
C’è poi un’ultima questione, che riguarda la politica con la P maiuscola. Quella che amministra i territori, che affronta i problemi con serietà ma anche con fantasia e con coraggio, che migliora la vita quotidiana delle persone. Che riduce i conflitti e non gioca ad alimentarli utilizzando le forza dell’ordine per aprire i cantieri.
Ancora una volta ci sentiamo di condividere i principi che ispirarono il Fare che, a nostro avviso, è stato caricato di una eccessiva valenza tecnica, tralasciando la sua importanza politica, perdendosi nel mare delle proposte e dei progetti che hanno accompagnato la storia ventennale della Tav. Questa è stata la più grande debolezza della politica della nostra valle. Avere una proposta concreta e credibile e non difenderla con la forza che sarebbe stata necessaria. Anche per un’eccessiva “timidezza” nei confronti delle frange più radicali del “movimento”.
Gli scontri di Chiomonte ci dicono che è giunto il momento di recuperare il tempo perso.
Dobbiamo avere l’ambizione di rilanciare una proposta in grado di cambiare la metodologia di costruzione delle grandi opere pubbliche in Italia e in Europa, coinvolgendo le amministrazioni dei territori coinvolti, tutelando l’ambiente e risparmiando denaro pubblico. Solo così riusciremo a far uscire la Valsusa dall’isolamento politico in cui è piombata e ad affrontare un problema in maniera ragionevole ed efficace.