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Corsi e ricorsi storici

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A distanza di una quindicina d’anni Massimo D’Alema (a modo suo) riconosce l’errore: non avrebbe dovuto accettare l’incarico di formare un governo (super-ego? amor di patria?). Piuttosto si doveva andare al voto.

A distanza di un paio d’anni e mazzo praticamente tutti riconoscono l’errore: il governo Monti non doveva nascere (super-ego? amor di patria?). Piuttosto si doveva andare al voto.

Probabilmente nei prossimi giorni nascerà il governo Renzi  (super-ego? amor di patria?). Per fare cosa non si sa. Mi resta un po’ difficile credere in un rinsavimento di Alfano & Co (e perché no, anche di Berlusconi, del resto se gli restituisci il ruolo di padre della patria…) tale da consentire di mettere in atto ciò che serve per il lavoro, per ristabilire gli equilibri in Europa. Cosucce, insomma. Se lo schema non cambia, assisteremo ad un altro periodo imprecisato di galleggiamento, di tira e molla, di mezze riforme. Vedremo.

Ciò che è praticamente certo è che, tra qualche tempo, tutti saranno d’accordo sul fatto che sarebbe stato meglio andare a votare.

Ad oggi, la voce contraria sembra essere una sola (anche se la “base” inizia a farsi sentire).

p.s offrire ad Enrico Letta un posto di ministro degli esteri, oppure nella Commissione Europea, sarebbe davvero squallido. Roba da Prima Repubblica.

Due strade per arrivare alla Terza Repubblica

Beh, adesso non ci sono più alibi, davvero. il tempo delle scelte è arrivato. M5S ha reso noti i nomi dei loro candidati per la Presidenza della Repubblica. Gabanelli, Strada, Rodotà, Zagrebelsky. E poi gli altri. Il PD, avvitato nelle solite alchimie da Prima e Seconda Repubblica, ha la possibilità di contribuire a far entrare il Paese nella Terza Repubblica, se lo vuole davvero. Certo, sarebbe stato meglio essere parte attiva del gioco, piuttosto che subire scelte fatte da altri. Ma sarebbe chiedere troppo al PD attuale. A questo punto c’è ancora una possibilità. Anzi due. Il PD proponga dal primo scrutinio di votare Rodotà (Gabanelli e Strada hanno “declinato”, non credo che sarebbe per M5S un problema votare da subito Rodotà). In alternativa, in un momento di ritrovato orgoglio (non ci facciamo imporre il candidato da Grillo!! Ahahahaha), PD, SEL e chi ci sta eleggano al quarto scrutinio Romano Prodi. Qualunque altra soluzione (al di là dei nomi, e sfido chiunque a dire che Rodotà o Prodi non sarebbero garanti della Costituzione, dell’unità del Paese, delle minoranze e chi più ne ha più ne metta) concordata con il PDL non farebbe che alimentare ulteriormente il sospetto di una partita giocata da Bersani per continuare a sperare in un governo presieduto da lui stesso. E, in queste condizioni, sarebbe una catastrofe per tutti.

p.s. personalmente propendo per la prima ipotesi

La terza via di Fabrizio Barca

D’Alema spiega: “se uno mi dice aiutami a rinnovare lo aiuto e mi faccio da parte, se uno mi dice ti voglio distruggere, cacciare, porre fine alla tua carriera politica io dico ‘provaci”.

Tutti si può dire di Massimo D’Alema tranne che non sia un combattente. Nel bene e nel male. E poi quando si sente sfruculiato ci si mette d’impegno, a renderti la vita difficile.

Sono stato un estimatore di Massimo D’Alema, metà anni novanta, quando fece le scarpe al povero Occhetto e portò (non da solo) la sinistra al Governo. Poi ha iniziato (non da solo) a fare un pò di passi falsi. Tatticismo esasperato, salvaculo di Berlusconi, i Capitani Coraggiosi. Quindi basta. Non ce l’ho con lui, non chiedo di vederlo con una zappa in mano, ma fuori dal Parlamento si. Diciamo che il caratteraccio che si ritrova non gli consente di comportarsi come Veltroni e quindi va allo scontro piuttosto che fare il padre nobile. La sua intelligenza non gli è stata molto d’aiuto in questo caso, diciamo.

E però penso anche che ci possa essere una terza via, anche nel ricambio generazionale di cui il Paese ha un dannatissimo bisogno. Ci illumina Fabrizio Barca, su questo:

“Ho un’altra idea: per essere migliori non basta essere fuori dal Parlamento o essere più giovani di età. Il vero cambiamento non è il semplice tutti a casa, avviene con la competizione. Se non c’è questo, si proclama di voler rivoluzionare tutto senza mutare regola. Si invocano i giovani al posto dei vecchi sapendo che è un programma impossibile da realizzare. E la rottamazione diventa l’altra faccia del gattopardismo: cambiare tutto senza cambiare niente”.

 

 

I Dalemoidi

E poi c’è Massimo D’Alema. E quelli più dalemiani di D’Alema. I Dalemoidi.

Che dire. A me dispiace che Massimo si sia ridotto così. La più grande intelligenza politica del centrosinistra italiano che manca, in una fase cruciale come quella che stiamo vivendo, proprio di intelligenza. Tra l’altro lui s’intigna, ha preso di punta Renzi e gliela fa vedere lui, adesso, al ragazzino. Massimo non ha capito una cosa. Qui il problema non è solo l’eta, anagrafica e parlamentare. Ma la credibilità. Sua e di una classe dirigente che ci ha accompagnato negli ultimi trent’anni. Alla quale non viene imputato il fatto di essere vecchi. Ma di non aver fatto o aver fatto male alcune cose. La legge sul conflitto d’interessi, ad esempio. Tenere in vita Berlusconi, ad esempio. Aver avallato una serie di riforme della giustizia pensate più per impedire ai magistrati di fare il proprio mestiere che per migliorare il servizio ai cittadini (tranne uno), ad esempio. Una riforma del titolo V della Costituzione che a distanza di pochi anni si è dimostrata da buttare. E potrei continuare. Quindi se D’Alema o molti dei parlamentari che stanno lì da trent’anni cercano di farsi interpreti della Carta d’Intenti del PD e del centrosinistra (vuote o piene di contenuti che siano), ecco che la maggior parte degli elettori che ci votano o ci voterebbero pensa: no grazie. Avete già dato. Avete molti meriti, ma la vostra chanche ve la siete giocata male. Se siamo dove siamo è anche responsabilità vostra. Tocca a qualcun altro. 

I Dalemoidi no. Quelli fanno gli appelli su L’Unità.

Il sangue, gli intoccabili e gli ostinati

Pervicace: che resta ostinatamente attaccato alle sue idee e ai suoi propositi, specie se errati

Ecco, di Massimo D’Alema tutto si può dire tranne che non sia pervicacemente stronzo. Perchè un’altra definizione, a quest’ora, non mi viene, per commentare le parole con le quali D’Alema ha salutato la nomina di Gianni De Gennaro a sottosegretario. Non una parola su Genova, sulla Diaz, sul sangue, sulla memoria offesa.

L’ossessione di Baffino &Co #occupypd

Si tratta di ricostruire l’Italia su basi più giuste e assicurare un futuro di progresso. Questo richiede un’alleanza che vada oltre il centrosinistra e punti a una collaborazione con il Terzo polo. Guai ad assumere oggi comportamenti che compromettano questa prospettiva.

TerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPolo TerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPolo TerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPolo TerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPolo TerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPolo TerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPoloTerzoPolo.

Dicevamo? Alleanze con il Terzo Polo? Le parole futuro di progresso mi riportano alle recriminazioni berlusconiane che attribuiva agli eredi del PCI, ossia a noi, la volontà di riportare in Italia un’ideologia che aveva causato misera, distruzione e morte. Meglio Fini, Casini e Cicciobello, senz’altro. Ma siccome dal labirinto delle alleanze il PD dovrà uscire, non sarà certo D’Alema a dettare la linea in una intervista o mentre mette un pò di legna sul focolare.

Ribadisco. Ci vuole un c-o-n-g-r-e-s-s-o.