Questi continuano a non capire nulla di quello che è successo. Forse farebbero bene a leggere Michele Serra.
Credo, ormai, che il principale intento sia quello di ergersi a protagonisti della fase di transizione per decretare in maniera ancora più evidente l’impossibilità di rinunciare al loro contributo nei passaggi successivi. La supponenza di D’Alema come di altri dirigenti del PD, che si sentono insostituibili e inarrivabili da un punto di vista dell’intelligenza politica, al netto delle sconfitte patite dal 2000 ad oggi, che avrebbero pensionato qualsiasi altro leader europeo (Jospin, Gonzalez, Aznar, Blair, Shroder non rompono più i cabasisi all’interno dei rispettivi partiti politici), inizia ad essere davvero fastidiosa.
Inizio inoltre a pensare che pure D’Alema non sappia bene cosa fare, in un fantomatico governo di centrosinistra, altrimenti sosterrebbe con coraggio le proposte (ce ne sono?) del proprio partito, invece di impantanarsi in provvedimenti tampone presi in accordo con PDL, Lega e UDC e che finirebbero per essere sostanzialmente la consacrazione del neo-centrismo del PD in campo economico.
Si chiedesse piuttosto quale sia stato il valore aggiunto di un candidato non-PD a Milano (siamo sicuri che Boeri avrebbe vinto contro la Moratti?), piuttosto che a Cagliari (Cabras non sarebbe arrivato nemmeno al ballottaggio) o a Cassino (D’Alema cita Macerata? E io cito Cassino!). Si chiedesse da cosa deriva la rinnovata partecipazione dei giovani elettori. Si chiedesse, infine, quale siano le responsabilità sue, della sua corrente e del partito tutto nella disfatta di Napoli e in Calabria piuttosto che nella vicenda della giunta regionale Siciliana. Il sud, questo sconosciuto.