Stamattina m’ero svegliato con l’idea di scrivere qualcosa sul dolore. E sulla necessità, di questi tempi a quanto pare ineludibile, di vivere il dolore in forma collettiva. Quasi catartica. Forse per esorcizzare il dolore che ciascuno si porta dentro. E per esorcizzare il male, che pure di quello ciascuno di noi ne ha un pezzettino, da qualche parte. Poi le notizie da Bruxelles mi hanno spinto ad evitare commenti, perché mi sembrava che di parole in giro, molte inutili, ipocrite, gratuite, ce ne fossero a sufficienza. E poi però Carlo Soricelli ci ricorda le tragedie quotidiane che passano sotto silenzio. Senza lacrime collettive, applausi alle esequie, visite di ministri e sottosegretari e premier e presidenti. A sottolineare, ancora una volta, che della sicurezza sul lavoro non frega a nessuno. Immaginate 117 italiani morti per una bomba. È già accaduto, ma si fa finta di non saperlo.
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Il mio (non) intervento in Assemblea Nazionale
Sul tema della sicurezza sul lavoro. Consegnato brevi-manu al Segretario.
Caro segretario, cari componenti di questa assemblea
Quanto emerso nelle ultime settimane in merito alla gestione delle grandi opere pubbliche impone a tutti noi, al Partito Democratico, al Governo, un cambio di passo radicale che porti, finalmente, la legalità e la lotta alla corruzione al centro del dibattito pubblico nel nostro Paese, per chiudere definitivamente l’epoca delle leggi ad-personam e per vincere le titubanze che ci hanno contraddistinto in questi anni.
Da più parti è stato evidenziato come, nel tuo discorso di insediamento alle Camere, le parole criminalità, legalità, corruzione abbiano trovato solo in parte lo spazio che avrebbero meritato, ma confidiamo sul rinnovato impegno che si sta mettendo in campo nella lotta a quelle che sono vere e proprie piaghe sociali, politiche ed economiche e in questo senso la nomina di Raffaele Cantone a Commissario dell’Autorità Anticorruzione, se sarà messo nelle condizioni di operare al meglio, è una garanzia assoluta.
Mi permetto però, Segretario, di ricordare a te, al Partito, al Governo, a noi tutti, un’altra questione, un’altra piaga economica e sociale che alla legalità e alla realizzazione delle grandi opere è strettamente connessa, ma che sembra non interessare nessuno.
Varie volte, nel corso del suo mandato, il Presidente della Repubblica ha richiamato con forza l’attenzione sul problema della sicurezza sui luoghi di lavoro, ma sostanzialmente i suoi appelli sono rimasti sempre inascoltati e i buoni propositi enunciati a seguito dei suoi richiami sono, nella maggior parte dei casi, rimasti lettera morta. Anzi, pendono sul nostro Paese procedure di infrazione europee per avere, in taluni casi, ammorbidito la legislazione nazionale rispetto alla normativa comunitaria in materia di sicurezza.
Non sto qui a ribadire le statistiche, quei numeri freddi che riguardano invece persone in carne e ossa che ogni anno perdono la vita o subiscono danni permanenti o soffrono di malattie professionali. Sono cifre che trovate on-line, ad esempio sul sito dell’osservatorio indipendente di Bologna, e con l’occasione desidero ringraziare pubblicamente Carlo Soricelli per l’impegno meritorio nella sua opera quotidiana di divulgazione e sensibilizzazione.
Al netto dei miglioramenti rilevati negli ultimi anni, probabilmente imputabili anche alla diminuzione delle ore lavorate, è come se, più o meno, ogni anno sparisse questa assemblea.
E’ come se ogni anno ciascun componente dei questa assemblea non facesse ritorno a casa, dalla propria famiglia, semplicemente dopo esserne uscito per recarsi al lavoro, e non per andare in guerra.
Faccio questo richiamo perché a seguito delle inchieste su EXPO, soprattutto, si è giustamente detto che il progetto, la manifestazione non è in discussione e che quindi si inaugurerà il primo maggio del 2015, come da programma.
Ciò significa che bisognerà correre e non c’è lavoro, opera, infrastruttura, grande o piccola che sia, che possa essere realizzata in sicurezza, quando si va di corsa.
Chiedo quindi l’impegno del Segretario, del Presidente del Consiglio, del Governo non solo perché siano messe in campo tutte le risorse per mantenere una soglia di attenzione altissima durante la realizzazione di opere prioritarie per lo sviluppo del Paese, ma anche perché si dia il via, su tutto il territorio nazionale, sui mezzi di informazione, nelle scuole, ad una inedita e martellante campagna di sensibilizzazione e informazione sul tema della sicurezza nelle fabbriche, nei piccoli e grandi cantieri, ovunque ci sia un lavoratore.
Facciamo si che anche la sicurezza sul lavoro, con i suoi risvolti economici e sociali che riguardano la vita di tutti noi, diventi un tema prioritario ed un fattore di crescita e sviluppo per il nostro Paese.
Grazie.
L’Expo e la sicurezza sul lavoro
Non starò a ribadire i numeri, che potete trovare tranquillamente in rete, qui o qui, ad esempio.
Nonostante il trend degli ultimi anni sia in miglioramento (e sarebbe interessante analizzare il perché e mi riprometto di farlo), i morti sul lavoro in Italia continuano ed essere tanti, troppi.
Immaginate l’intero Parlamento, le Camere riunite in seduta congiunta. O tutti i Garibaldini partiti da Quarto. O tutti gli occupanti di un treno pendolari che arriva la mattina a Roma Termini o a Milano Centrale.
1000 persone o giù di lì, 1000 uomini e donne, giovani e meno giovani, italiani e stranieri, dipendenti, partite IVA, cottimisti, precari, invisibili che non tornano a casa dopo essere usciti di casa per andare a lavorare, mica in guerra.
Più volte il Presidente della Repubblica ha lanciato l’allarme su questa tragedia nazionale ma a quanto sembra non è che sia stato poi tanto ascoltato.
E non sono valse le procedure di infrazione europee, visto che a quanto pare nel nostro Paese al fare si accompagna spesso un ammorbidimento di controlli, procedure, sanzioni.
Più le situazioni rivestono il carattere di emergenza, poi, maggiore sarà la tentazione di omettere qualche controllo affinché nessuno possa dire che non si è fatto.
Prendete l’Expo 2015, ad esempio. Ne parlavo nei giorni scorsi qui, e ci tengo a ribadire un concetto. Velocità di esecuzione delle opere e sicurezza sul lavoro durante la loro realizzazione sono inversamente proporzionali.
All’inaugurazione dell’evento manca meno di un anno, e i lavori sono in fortissimo ritardo. Ecco, vorrei che allo sdegno per le deroghe al Codice degli Appalti si aggiungesse l’allarme per la sicurezza in fase di esecuzione delle opere, per non aggiungere sdegno a sdegno, magari quando sarà troppo tardi per salvare qualche vita umana.
Forse sarebbe meglio pensare per tempo anche alla sicurezza. Che è comunque legalità.
Sicurezza sul lavoro, questa sconosciuta
Lo so, si chiama deformazione professionale. Però guardate al secondo 18 lo spot elettorale di Scelta Civica. Un operaio su un cestello elevatore che lavora senza cintura di sicurezza. In gergo si chiamano DPI, Dispositivi di Protezione Individuale. Queste immagini la dicono lunga quale sia, in Italia, il livello di consapevolezza nei confronti della sicurezza sui luoghi di lavoro.
http://youtu.be/Z0P6cG-D3zI
Lavoro, lavoro ed ancora lavoro
“Agostino è stato licenziato per un piatto di maccheroni da super manager dei due mondi che guadagnano 500 o 1000 volte più di un loro dipendente.”
Agostino non c’è più.
Un grazie grande come una casa a Francesco, che ci ricorda i drammi legati al lavoro e alla dignità degli uomini. Ferita, mortificata, lesa ogni giorno dalle leggi del mercato e da falsi salvatori della patria.
Dalla parte sbagliata
Certo, ci sono i distinguo, le precisazioni, la solidarietà ai parenti della vittime di Torino (e ci mancherebbe altro!), però quando leggo le dichiarazioni degli amministratori del PD di Terni (Sindaco e Presidente della Provincia), mi vengono i brividi. Non c’è ricatto occupazionale che tenga, davanti alla vita di un lavoratore. E se per le 7 vite spezzate a Torino condanna dura c’è stata, con tanto di pene accessorie, è la Legge a prevederlo. Ora, che lamentino una durezza eccessiva della sentenza Confindustria, il Governo, il PDL, la stessa ThyssenKrupp mi sta anche bene, pur non condividendo tali posizioni. Ma vorrei che un amministratore del PD esprimesse delle posizioni diverse. La magistratura fa il suo corso. La politica deve invece cercare e trovare gli strumenti per far si che i ricatti delle aziende non siano messi in atto, a maggior ragione da parte di chi fa economia a discapito della sicurezza.
La Giustizia, finalmente
Antonio Schiavone, 36 anni – Roberto Scola, 32 anni – Bruno Santino, 26 anni Angelo Laurino, 43 anni – Rosario Rodinò, 26 anni – Giuseppe De Masi, 26 anni Rocco Marzo, 54 anni
La sentenza di Torino sul rogo alla ThyssenKrupp è un atto dovuto. E giusto. La cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro, in Italia, non c’è ancora. Siamo qui a commentare questa sentenza storica e intanto si continua a morire di lavoro. Il mio mestiere mi porta a visitare cantieri per la realizzazione di grandi opere pubbliche, e posso dire, per la mia piccola esperienza, che datori di lavoro illuminati ce ne sono davvero pochi. Nella quasi totalità dei luoghi di lavoro si accetta il rischio che qualcosa accada, perchè far lavorare le persone in sicurezza è un lusso. Formare, informare, addestrare gli operai seriamente ha un costo che molte aziende non vogliono sostenere, così come adoperare macchinari nuovi oppure provvedere a manutenere al meglio quelli che si possiedono. In Italia l’INAIL eroga, ogni anno, il 3% del PIL a causa di infortuni sul lavoro e malattie professionali, a fronte di una media europea del 1,5%. Sono più di 40 Miliardi di Euro. Se ci si ponesse l’obiettivo di raggiungere standard europei, che so, in 5 anni? Troppo per l’Italia di oggi?
Moratti gioca, la fabbrica piange
A distanza di due anni, un altro operaio muore alla Saras, uno stabilimento che ha dimostrato altre volte, anche sul piano dell’inquinamento, di non avere troppo rispetto per il territorio e per chi vive e lavora lì. Forse Moratti farebbe meglio a pensare alla sicurezza dei suoi stabilimenti piuttosto che allo Shalke 04.
Morti sul lavoro che fanno notizia
I morti sul lavoro aumentano di giorno in gorno. La strage non si ferma.
Nel silenzio generale o quasi.
Al TG2 è passata la notizia dell'incidente di Ceppaloni.
Con tanto di intervista illustre
Immagino perchè la vittima fosse parente di Sandra Lonardo Mastella.
Lettera di una madre
Andrea aveva 23 anni quando, il 20 giugno 2006, è rimasto con il cranio schiacciato da una macchina tampografica non a norma. Andrea voleva imparare a suonare la tromba, come se la chitarra da sola gli andasse stretta. Perché a quell'età la taglia dei desideri si allarga e non stai più nei tuoi panni dalla voglia di metterti alla prova, conoscere, guardare avanti. Da li a quattro giorni pure la metratura della sua vita sarebbe lievitata di colpo: dalla sua camera da ragazzo, in casa dei genitori, a un mini appartamento, acquistato dai suoi con un mutuo, a metà strada tra Porto Sant'Elpidio e la fabbrica Asoplast di Ortezzano, dove aveva trovato lavoro come precario per 900 euro al mese.
Andrea voleva imparare a suonare la tromba, ma non ha fatto in tempo: una tromba che, rimasta la dov'era in camera sua, suona un silenzio assordante. E neppure l'appartamento è riuscito ad abitare: doveva entrare nella nuova casa sabato 24 giugno 2006, se ne è andato il 20 giugno di 4 anni fa.
Oggi Andrea avrebbe 28 anni ma è morto in fabbrica alle sei e dieci dell'ultimo mattino di primavera. E suonerebbe ancora la chitarra con i Nervous Breakdwn e non darebbe il suo nome a una borsa di studio.
Sarebbe la gioia di sua mamma Graziella e non la ragione della sua battaglia da neo cavaliere della Repubblica, per cultura sulla sicurezza. Una battaglia finita con una sconfitta dolorosa: nel nome del figlio e a nome dei tanti caduti sul lavoro, senza giustizia: Umbria-Oli, Molfetta, Thyssenkrupp, Mineo…. Sono solo le stazioni più raccontate di una via Crucis quotidiana, che per un po' chiama a raccolta l'indignazione italiana, che poi guarda altrove.
Le morti si fanno sentire, ma le sentenze molto meno, quando passano sotto silenzio anche per una sorta di disagio nell'accettarle e comunicarle. I responsabili di questa orrenda morte sono stati condannati a otto mesi di condizionale con la sospensione della pena, anche se il Procuratore generale del tribunale di Fermo aveva parlato "di un chiaro segnale perché questi reati vengano repressi con la massima severità". Andrea è stato ucciso per la seconda volta. La tragedia è finita nel dimenticatoio, con alcune frasi fatte e disfatte, tipo non deve più accadere, basta con queste stragi, lavoreremo per migliorare la sicurezza. Parole piene di buone intenzioni, che lo spillo della smemoratezza buca in un momento. Parole al vento!
Alla fine anche Andrea si è perso tra i morti da stabilimento e da cantiere: martiri del lavoro che fanno notizia il tempo di commuovere, che non promuovono ronde per la sicurezza, spesso rimossi pure nei processi. Tragedie quotidianamente dimenticate da un Paese ignavo e incurante, La tromba silente di Andrea a suonare la sua ritirata. Questo è quanto accade a tutti i morti sul lavoro; di loro restano solo dolore e angoscia dei familiari ma giustamente questo non fa notizia: una mamma che piange tutti i giorni, che guarda sempre la porta di casa aspettando che il suo Andrea rientri perché spera che tutta la sofferenza che sta vivendo sia solo un brutto sogno….. Ma tutto ciò non importa a nessuno!
Questa è la tragica realtà, di chi rimane e si rende conto di essere emarginato e dimenticato da tutti. Forse ciò che gli altri non conoscono è la realtà del "dopo" di queste tragedie… La vita per i familiari viene stravolta dal dolore e dalla mancanza della persona cara, ti ritrovi a lottare giorno per giorno per sopravvivere e se sei forte riesci in qualche modo a risollevare la testa da quel baratro di depressione in cui sei caduta, altrimenti sprofondi sempre di più! Ti accorgi che sei lasciato solo a te stesso…. manca il sostegno psicologico, sono assenti tutte le istituzioni e nessuno è disposto ad ascoltare il tuo dolore perché il dolore fa paura a tutti! Speri nella giustizia ma questa si prende beffa di te perché otto mesi e sospensione della pena per chi ha ucciso tuo figlio mi sembra una vergogna per un paese che si definisce civile…..
E vogliamo parlare dell’Inail, questo ente che ogni anno incassa milioni di euro? Ebbene la morte di Andrea è stata calcolata 1.600 euro e cioè rimborso spese funerarie, allora mi chiedo ma la vita di mio figlio che è stato ucciso a soli 23 anni, per la società non valeva nulla? Eppure io quel figlio l’ho partorito, l’ho amato , curato e protetto per 23 anni, era il mio orgoglio e la mia felicità e quindi tutto diventa assurdo e inaccettabile. Nemmeno l’assicurazione vuole pagare il risarcimento e a distanza di 4 anni e mezzo dovrò subire ancora violenze psicologiche tornando di nuovo in tribunale e ripercorrere ancora una volta questa tragedia…. descrivere come è morto Andrea, come lo hanno trovato i colleghi di lavoro, come ho vissuto dopo e come continuo a vivere oggi… Credetemi una pressione che non riesco a sopportare più.
Per terminare anche l’amministrazione comunale di Porto Sant’Elpidio si rifiuta di dare una definitiva sepoltura al mio angelo. Allora mi chiedo e lo chiedo a voi: la vita di un operaio vale così poco? E’ un essere umano come tutti e se per i soldati morti in “ missione di pace” si fanno funerali di Stato, per i 1300 operai che muoiono ogni anno per la mancanza di sicurezza, cosa viene fatto? Nulla perché non sappiamo nemmeno nome e cognome… sono solo numeri che fanno parte di una statistica.
Termino questa lettera con un appello disperato: fermiamo questa strage che serve solo a far arricchire gli imprenditori e a distruggere le famiglie. Ogni essere umano ha diritto alla propria vita e non si può perderla per 900 euro al mese.