La candidatura di Giovanni Bachelet alla segreteria del PD Lazio dà un senso alla mia militanza nel PD. Incarna il PD per come ce lo siamo immaginato, molti di noi, quando abbiamo contribuito a fondarlo. Ne parlano anche Cristiana e Ivan, e non riesco a trovare parole migliori delle loro.
Io ci sono. #occupypdLazio
Mentre il piano casa della Polverini diventa un caso nazionale, il Pd del Lazio continua a non avere un segretario. Possibile? Industria, commercio e turismo, attività finanziarie immobiliari e servizi, producono nel Lazio circa il 20% del corrispondente segmento di Pil nazionale con circa il 10% della popolazione nazionale.
Il Lazio ospita un grande stabilimento Fiat, le grandi istituzioni di ricerca italiane, la capitale e tutto quel che consegue in termini di opportunità ma anche pendolarismo e inquinamento: è nel Lazio la piú grande discarica di rifiuti in Europa.
Negli ultimi anni calo dell’occupazione, criminalità organizzata, clientelismo e inquinamento in almeno un paio di province rischiano poi di far risucchiare nel buco nero del sottosviluppo una regione che potrebbe aprire al meridione la pista della crescita. Può permettersi il Lazio di stare per anni con un governo incapace e un partito di opposizione a bagnomaria? Certo le politiche del Pd per il lavoro, la casa, l’ambiente, la ricerca, i trasporti, trovano negli amministratori locali, e particolarmente nei consiglieri regionali, un importante riferimento.
Esse rischiano però di risultare lontane, a volte incomprensibili per elettori e iscritti, in assenza di un partito capace di suscitare ampia partecipazione democratica, al di là dei pur preziosi bacini elettorali personali (nel 2010 il 46% degli elettori Pd non ha espresso preferenze e un altro 20% ha dato la preferenza a candidati non eletti). Eppure, a due anni dal rovinoso abbandono del governo regionale, il Pd non è riuscito a darsi un gruppo dirigente: nè primarie nè voti assembleari nè un anno di commissariamento hanno ancora sciolto la matassa dei veti incrociati, mentre non si arresta, dicono le ultime amministrative, la spirale di sconfitte elettorali ed emorragie. La fisiologia della competizione politica interna è diventata patologia, con interessanti capriole: chi in Italia vuole il partito solido, nel Lazio lavora alacremente alla sua liquefazione; chi vuole primarie sempre, nel Lazio predilige i caminetti; molti sembrano preferire che il Pd perda le elezioni pur di mantenere il controllo delle tessere, o la certezza della loro candidatura (o ricandidatura) alle prossime politiche. Nell’ultimo anno, infatti, la presunta imminenza di elezioni anticipate, anzichè indurre un rapido recupero di compattezza, autonomia territoriale e competitività elettorale attraverso primarie che la direzione del Pd aveva affidato al commissario Chiti, ha purtroppo agito da ulteriore forza centrifuga: pochi lo ammetterebbero in pubblico, ma molti sono privatamente ossessionati dal problema di chi sarà segretario regionale al momento della composizione delle liste di camera e senato, con una legge elettorale che dà tutto il potere alle segreterie. In queste circostanze risultano coraggiose e legate fra loro piú di quanto non appaia a prima vista le due decisioni estive di Chiti: creare un coordinamento politico (che ha da poco stabilito un percorso per eleggere il segretario regionale secondo l’invito di Bersani all’ultima direzione nazionale) e una commissione incaricata di studiare le modalità con cui gli elettori saranno coinvolti nella definizione delle liste di camera e senato alle prossime politiche (uno dei temi all’ordine del giorno della prossima conferenza nazionale organizzativa del Pd).
Nello stesso spirito un segretario capace di superare le divisioni e rilanciare il partito democratico nel rispetto dello statuto e del codice etico dovrebbe
– promuovere nel partito regionale e nazionale la cessione di una porzione di sovranità dalle segreterie agli elettori nella definizione delle liste di camera e senato con elezioni primarie, da promuovere anche in tutte le elezioni monocratiche, a norma di statuto
– rinunciare ad essere in lista e, se già parlamentare o consigliere, dimettersi da ogni altro ruolo elettivo in caso di elezione a segretario (ricevendo a questo punto dal partito un contratto a tempo determinato): per metter mano con libertà e credibilità a primarie e candidature, ma soprattutto per dedicarsi a tempo pieno al rilancio e alla ricostruzione del partito in tutta la regione
– girare le province per conoscere e vedere con i propri occhi, valorizzare i circoli sani, curare i malati, ricucire i divorziati, bonificare gli inquinati, certificare e seppellire i morti
– voltare pagina rispetto a spartizioni e etichette che non ci hanno portato fortuna, non per fagocitare e annullare la diversità e il pluralismo, bensì per valorizzarle, anche con un censimento di competenze capace di coinvolgere nel governo del partito, a tutti i livelli, nuovi e vecchi militanti che hanno un contributo da dare
– impegnarsi nella trasparenza dei bilanci; nella parità di genere, nella convocazione di riunioni cui per orario e ordine del giorno possa partecipare chi lavora; nel rispetto di doveri e diritti di iscritti ed eletti; nella periodica consultazione dei livelli territoriali inferiori
– voltare pagina nel metodo e nel merito delle nomine nelle aziende partecipate, abbattere i costi principali ma occulti della politica: in Italia ci sono 3600 aziende partecipate, 23mila consiglieri d’amministrazione, 3mila incarichi apicali, e il 60% di queste aziende risultano in deficit (Cuperlo, l’Unità 8/8/2011); di queste un decimo si trova nel Lazio.
Il Partito democratico del Lazio non ha bisogno di rottamatori e neanche di disinvolti piloti che lo portino a un’altra sconfitta per poi cambiare scuderia: ha bisogno di ingegneri, gommisti e carrozzieri capaci di rimetterlo in pista per vincere la prossima corsa. A questo mira il programma delineato qui in poche righe. Poiché, a venti giorni dall’assemblea regionale e dieci dalla sua convocazione, molti sentono la necessità di ripartire da zero ma nessuno rompe l’incantesimo con il nome di un candidato, sento il dovere di proporre me stesso come candidato alla segreteria regionale.
Sono impegnato in parlamento e nel forum nazionale istruzione e per nulla attirato dal tritacarne del Pd Lazio: se altri candidati intendono recepire almeno parte di questo programma raccogliendo, secondo l’auspicio di Bersani, un consenso molto ampio, sono ben lieto di farmi da parte; altrimenti correrò io.