Il mio intervento all’incontro di oggi, a Napoli. A dire il vero ho parlato un pò di meno, la regola dei 5 minuti non guarda in faccia a nessuno. A domani per le impressioni sulla giornata.
Il mio numero è il 39: ‘a fune n’canna, ossia la corda al collo.
La prima fune di cui vorrei parlarvi è quella che la criminalità organizzata stringe al collo di tutti noi. Parlare di criminalità, di camorra, a Napoli potrebbe suonare come un argomento, passatemi il termine, ”obsoleto”. Cosa potrei aggiungere, io, qui, oggi, all’analisi di una realtà sulla quale si dibatte da anni e con la quale si convive da tempo immemorabile? Sul fenomeno camorristico, nella sua declinazione napoletana e campana, si è, nel tempo, ampiamente dibattuto da un punto di vista sociologico, giudiziario, politico. E allora per non parlare di corda in casa dell’impiccato, facciamoci un viaggio un po’ più al nord, spostandoci di poco, però. Imbocchiamo la tangenziale a Corso Malta, direzione Pozzuoli. Poi l’Appia quater, la Domiziana, fino ad oltrepassare il Garigliano. Siamo così arrivati nel Lazio, e incontriamo tutti quei posti che sono mete turistiche per gli abitanti di Napoli e del suo hinterland che sognano di farsi un po’ di mare decente, visto che in città, di farsi il bagno, non se ne parla. Minturno. Formia. Gaeta. Fondi. Terracina. San Felice Circeo. Sabaudia. Poi ci fermiamo, perché siamo già arrivati a Latina e così a nord, partendo da Napoli o da Caserta, non ci si spinge, per un semplice bagno. Sono tutti paesi, quelli che ho appena elencato, che negli ultimi tempi sono balzati agli onori della cronaca, e non per il loro mare. Fin dagli anni ’70 il sud pontino è stato teatro di un’espansione a nord del potere criminale della camorra, tanto che tra Formia e Minturno si erano stabiliti vari esponenti dei Casalesi, dei clan Bardellino e La Torre che dai loro soggiorni obbligati dorati gestivano i loro affari in tutto il litorale. Non mancavano però anche n’drangheta e Cosa Nostra. Estorsioni, pompe funebri, negozi di abbigliamento, discoteche, ristoranti, imprese edili, centri commerciali, rivendite di auto, droga, munnezza, frutta, MOF, cemento. Nel sud Pontino oramai si può ben parlare di Quinta Mafia dove interessi di personaggi locali si intrecciano con quelli dei clan della ‘ndrangheta e della camorra che tra l’altro in zona si scambiano favori. Mentre nel casertano la macchina della giustizia faceva il suo corso con i processi “Spartacus” e vinceva le sue prime battaglie, per anni nel sud pontino tutto ha taciuto. Siamo dovuti arrivare a questi giorni per vedere confermate le condanne inflitte a vari esponenti dei clan dei casalesi, coinvolti nei processi “Anni 90” e “Formia Connection”. Ma l’inchiesta che maggiormente ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale sul sud pontino è quella denominata “Operazione Damasco 2”, le cui indagini vertevano sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mercato ortofrutticolo di Fondi e nell’amministrazione comunale e il cui processo è in corso in questi giorni. La richiesta di scioglimento del Comune di Fondi per infiltrazioni mafiose, chiesta dal Prefetto Bruno Frattasi, non è mai stata attuata. Singolare, nella vicenda, è stata la condotta del Ministro dell’Interno Maroni che, in un primo momento, ha fatto propria la richiesta di commissariamento giunta dal Prefetto, per poi prendere atto della “soluzione del problema” avvenuta, secondo lui, grazie alle dimissioni della giunta comunale che aveva, nel frattempo, sfruttato l’immobilismo del consiglio dei ministri suggerito dal ras del PDL a Fondi, il senatore ed ex poliziotto Claudio Fazzone. Tale soluzione pilatesca ha però permesso a buona parte della vecchia amministrazione comunale, accusata di contiguità con ambienti mafiosi dal Prefetto Frattasi, di ripresentarsi alle elezioni. E ha permesso all’allora assessore all’Urbanistica, De Meo, di diventare sindaco, nonostante le pesanti censure a suo carico presenti nella relazione del Prefetto.
E allora, quando sento dire che Roberto Maroni è il miglior Ministro dell’Interno che la storia patria ricordi, mi viene da ridere. Perché credo che il merito delle azioni di contrasto alla criminalità sia da ascrivere in toto alle forze dell’ordine e alla magistratura, nonostante la mancanza di mezzi, di risorse e nonostante i provvedimenti legislativi che tutti i governi di centrodestra hanno preso per impedire un miglior funzionamento della macchina della giustizia, piegata alle esigenze giudiziarie del capo. E sulla questione Fondi il Ministro tace, come quando Laura Garavini, in Commissione Antimafia, gli chiese come si sentisse dopo che a Fondi sono tornate le persone per i cui comportamenti il Ministro stesso aveva chiesto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose. Per non parlare dell’atteggiamento di buona parte degli amministratori locali della Lega di fronte all’ormai evidente condizionamento della vita politica in moltissime realtà del Nord Italia.
Ma questa è un’altra storia.
Tornando a Fondi, il mio pensiero va alle persone che più si sono esposte nel denunciare quanto stava accadendo, ossia il Prefetto di Latina Bruno Frattasi, che ha lasciato l’incarico per assumerne uno più prestigioso presso il Consiglio dei Ministri. Promoveatur ut amoveatur. Bruno Fiore, ex coordinatore del PD di Fondi e attualmente consigliere comunale, vittima di minacce ed attentati incendiari. E infine la giovane giornalista di Sabaudia Maria Sole Galeazzi, cronista di Latina Oggi, malmenata nelle campagne di Fondi perché faceva troppe domande e costretta a subire lettere minatorie e minacce psicologiche ogniqualvolta mette piede fuori di casa.
Come vi dicevo in precedenza, il ras del PDL nel sud pontino si chiama Claudio Fazzone, ex poliziotto e senatore. Ma non è il solo.
Un po’ più a sud di Fondi c’è l’altro feudatario, Romolo del Balzo da Minturno. Del Balzo, in passato, è stato sfiorato da inchieste della DIA di Roma per associazione a delinquere di stampo mafioso, abuso di ufficio e concussione, mentre nell’ottobre del 2010 è stato arrestato con l’accusa di truffa ai danni dello Stato e frode per presunte irregolarità nella gestione dell’appalto di raccolta dei rifiuti nel Comune di Minturno. Mi sembra superfluo ricordare che la criminalità organizzata ha fatto della munnezza uno dei suoi business principali. Del Balzo è attualmente Presidente del Consiglio Comunale di Minturno e, da consigliere regionale, subentrato proprio al Senatore Fazzone, è stato nominato presidente della commissione grandi eventi che si occuperà dei Giochi Olimpici che Roma vorrebbe ospitare nel 2020. In effetti fino a pochi mesi prima era presidente della commissione Lavori Pubblici, mentre in passato è stato vicepresidente della Commissione Sanità. E guarda caso una delle inchieste che lo ha visto coinvolto è stata proprio per presunte raccomandazioni nelle assunzioni di personale presso svariate ASL della provincia di Latina.
Ad ogni modo vorrei prendere spunto da questa vicenda per evidenziare come esista il rischio, stavolta per il PD, di mettersi da solo una fune n‘canna. Si, perché nel nostro partito e nel sud pontino non esistono solo persone come Bruno Fiore. Ma esistono anche amici democratici che, in nome della governabilità, non si fanno scrupoli ad allearsi con persone, come dire, chiacchierate come Del Balzo. Ciò è quanto succede a Minturno, e spero che vicende simili possano fornire uno spunto di riflessione per capire meglio quale debba essere il messaggio che il PD dà sul tema della legalità e della commistione politica-affari, soprattutto nelle regioni del sud.
Io penso che il PD, se davvero vuole essere inattaccabile sul tema della legalità, e con particolare riguardo in quelle regioni nelle quali, spesso, il confine tra lecito e illecito è impalpabile, non debba più tollerare che, ad esempio, propri rappresentanti immaginino di poter taroccare i risultati delle primarie, e ne avete avuto un’esperienza diretta qui a Napoli. Non debba più affidare assessorati a propri uomini che hanno interessi economici nello stesso campo per il quale svolgono il proprio ruolo istituzionale, e sappiamo tutti cosa è successo nella sanità Pugliese e come il PD ha gestito, male, l’intera vicenda. Non debba più candidare persone che, al di là delle verità giudiziarie, hanno tenuto comportamenti a dir poco sconvenienti nel rapportarsi con mafiosi, e mi riferisco al Senatore Crisafulli, del quale nessuno osa chiedere le dimissioni. Come fare tutto ciò?
Innanzitutto rispettando le regole che il PD si è dato e che sono contenute nel nostro Statuto.
Trasparenza contributiva. Perché chi non è in regola con i versamenti al partito non solo viola una regola statutaria, ma soprattutto perché i nostri circoli sono e devono rimanere liberi e questa libertà passa per l’autonomia finanziaria che, spesso, oggi manca e mette a serio rischio la sopravvivenza e il fondamentale lavoro di presenza e cura sul territorio. Inoltre, solo un partito finanziariamente sano può investire sulle nuove generazioni, sulle competenze e sulle donne, cioè su una potenziale classe dirigente che oggi non avrebbe i mezzi economici per affrontare campagne elettorali autofinanziate.
Tre mandati, poi a casa. Ci sono molti modi per mettersi a disposizione di un partito, se si vuole continuare a fare politica. Ma non si può essere parlamentari, o sindaci, o consiglieri a vita.
Elezioni primarie sempre, con regolamenti certi e condivisi, così da non far scegliere i nostri candidati alle segreterie o in oscure stanze con il caminetto acceso. A me, personalmente, piacciono le file ai gazebo, gli spazi aperti, nei quali le persone si incontrano, discutono e decidono, con strumenti democratici, da chi farsi rappresentare.
Io, personalmente, non mi sento più rappresentato da dirigenti del PD che scrivono pizzini durante le trasmissioni televisive per mettere in difficoltà gli alleati. Non mi sento più rappresentato da dirigenti del PD che hanno congiunti che, guarda caso, iniziano a prendere appalti grazie alla giunta regionale di turno. Non mi sento più rappresentato da dirigenti del PD che tengono per anni nel cassetto i segreti della commissione antimafia e che reputano normale che un altro dirigente del PD, non di Forza Italia o del PdL o dell UDC, ma del PD, in Sicilia, frequenti boss mafiosi. Riuscirà, il PD, a non stringersi ‘sta fune ‘n canna con le sue stesse mani?
Siamo qui per questo. Perché vogliamo un PD diverso rispetto a quello che abbiamo visto finora. E vogliamo città diverse nelle quali vivere. E vogliamo un paese diverso rispetto a quello nel quale 17 anni di Berlusconismo ci hanno relegato. Il PD è vivo, e le persone presenti qui oggi ne sono uno splendido esempio. Le nostre città sono vive, e oggi Napoli ne è uno splendido esempio. Ma soprattutto l’Italia, nonostante Berlusconi, è viva.
Grazie a tutti.
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